Ci stiamo avvicinando al termine di questa Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani che si concluderà domenica 25 gennaio. Ad accompagnarci in questo percorso di preghiera e riflessione sono state le parole del profeta Ezechiele: “ Saranno uniti nella tua mano”. Queste parole, dirette al popolo eletto, sono un allegoria dell’unità della Chiesa, anche se il profeta Ezechiele le applica alla necessaria unità di Israele rotta a causa delle diatribe tra i capi del popolo. A Tele Radio Padre Pio con Don Matteo De Meo, docente di Teologia Fondamentale, abbiamo cercato di capire l’importanza del termine unità in una Chiesa alla ricerca della Verità. Vi proponiamo alcuni stralci dell’intervista realizzata in apertura della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
L’ecumenismo è, senza dubbio, una delle maggiori sfide che la Chiesa del terzo millennio è chiamata ad affrontare. Quella di Cristo non è, infatti, solo la Chiesa “santa”, ma anche la Chiesa “una, santa e cattolica”, come recita il Simbolo della fede niceno
– costantinopolitano. L’ecumenismo non è, dunque, un optional,ma un dovere di tutti i cristiani. Ma cosa significa, oggi, la parola unità?
L’ecumenismo per se stesso non è qualcosa che deve aggiungersi alla cattolicità della Chiesa e tanto meno è una realtà da raggiungere. L’ecumenismo, o quello che io amo chiamare “uno sguardo ecumenico” nasce da quella che è l’esperienza cattolica del cristianesimo. Questo perché? Perché l’ecumenismo ci richiama,e la parola stessa lo ricorda, al concetto di unità. Nel momento in cui ci richiama al concetto di unità ci viene in mente una dolorosa realtà:cioè quella di essere divisi. Per cui l’unità è una delle priorità dell’esperienza cristiana. Ma il concetto cattolico, la parola stessa cattolico,l’esperienza stessa della cattolicità del cristianesimo ha in se stessa l’esperienza dell’unità. Lo sguardo cattolico è proprio lo sguardo di chi, partendo dalla verità di Cristo, riesce a guardare tutta la realtà nella sua totalità. Non solo… Lo sguardo cattolico riesce anche ad accogliere e a valorizzare anche solo un frammento di verità lì dove essa è fosse anche nella sua fase minimale. Accogliere nell’altro, nel diverso, questo frammento di verità ci aiuta a valorizzarla e ad abbracciarla. Nel momento in cui riusciamo a cogliere e a guardare anche ad un solo frammento di verità nell’altro ciò sta a significare che abbiamo iniziato un vero e proprio dialogo che noi chiamiamo dialogo ecumenico. Per cui lo sguardo cattolico non può non essere ecumenico e l’ecumenismo, di per se stesso, ha a che fare con l’unità proprio nella misura in cui esso tende ad un’esperienza che è quella della cattolicità.Insomma, la cattolicità e l’unità sono un’unica cosa. L’unità che cos’è? L’unità non è un progetto meramente umano. L’unità nasce dal riconoscimento comune della verità. La verità che cos’è? La verità è una presenza che è accaduta dentro la storia. Solo guardando la storia, tutti quanti insieme, diventiamo un unico corpo…. Unico corpo che esiste già. Dobbiamo aggiungere anche un altro elemento che può suonare strano e contradditorio. E’ vero che siamo divisi, ma è anche vero che l’unità è già data. L’unità che è presente dentro la Chiesa, dentro i cristiani è data perche? Perché essa è Cristo stesso. Tutte le divisioni, tutte le esperienze, anche le più dolorose, non hanno potuto ledere di un minimo questa verità fondamentale che la Chiesa cattolica afferma continuamente nel suo Magistero. Questa verità che è in Cristo non può essere spezzata da nessuna divisione umana. Allora è a questa unità che tutti quanti dobbiamo tendere, tutti i cristiani. Questa unità è Cristo stesso, Verbo di Dio fatto carne.
La Chiesa cattolica dispone di tanti documenti che trattano con autorevolezza dell’impegno ecumenico, come la Lettera Enciclica di Papa Giovanni Paolo II Ut unum sint dove viene sottolineata l’importanza per il dialogo ecumenico dell’amore per la verità: “L’amore della verità è la dimensione più profonda di una autentica ricerca della piena comunione tra i cristiani. Senza quest’amore, sarebbe impossibile – scrive il Servo di Dio Giovanni Paolo II – affrontare le obiettive difficoltà teologiche, culturali, psicologiche e sociali che si incontrano nell’esaminare le divergenze. A questa dimensione interiore e personale va inseparabilmente associato lo spirito di carità e di umiltà..”
Esatto! Ma c’è di più. Lo stesso Servo di Dio Giovanni Paolo II nella sua prima enciclica Redemptoris Missio fece un importante affermazione:
“Quanto più l’uomo guarda Cristo, tanto più comprende se stesso”. L’uomo è capace di interessarsi dell’altro nella maniera più autentica e più vera solo nella misura in cui capisce la sua bellezza e la sua dignità che non gli è dato da un proprio ragionamento, ma gli è dato da un riconoscimento dell’appartenenza a questa verità che è Cristo. Per questo l’unità con l’altro, il rispetto per l’altro, per quanto diverso esso sia, nasce soltanto nel momento in cui io guardo l’altro alla sua radice, alla radice del suo esserci e amo l’altro perché c’è. Questo mi muove verso l’altro. Nel momento in cui viene a mancare questo non abbiamo più unità e non possiamo parlare di ecumenismo. Ma abbiamo un ecumenismo di voltariana memoria …. Ma la tolleranza non ha nulla a che vedere con la comunione o con l’unità dei cristiani. Parliamo di una specie di irenismo, di rispetto…. ma in realtà falso proprio perché ognuno resta nel proprio recinto, ognuno preferisce stare a casa propria.
Oggi, ha senso parlare di ecumenismo, di Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani se poi si preferisce restare nel proprio “recinto”? Direi proprio di sì! Proprio perché questa unità è un dono e non un resoconto umano. L’unità è un dono, riguarda la verità stessa e la verità è Cristo.Questa verità va domandata attraverso la preghiera. Tanto più si domanda, si implora, si mendica, tanto più essa diventa accolta e la si riconosce sempre di più e nella domanda ci si ritrova uniti. Quindi la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ha un senso. Ci si incontra insieme nel domandare quell’unica verità che è Cristo.