Tutto il mondo prega per Giovanni Paolo II. In Italia e nei più diversi Paesi del mondo si moltiplicano le iniziative delle diocesi, delle parrocchie, di singoli gruppi di fedeli. “Uno per tutti, tutti per uno” è lo slogan scelto dall’Unitalsi e la comunità dei frati cappuccini di San Giovanni Rotondo per la Veglia di preghiera per Giovanni Paolo II che si è svolta sabato 5 marzo presso la chiesa conventuale “Santa Maria delle Grazie” proprio per sottolineare il grande spirito che ha animato il momento di preghiera e per evidenziare anche il legame spirituale che da anni lega Giovanni Paolo II a Padre Pio. Molti gli ammalati e gli handicappati che nonostante il maltempo hanno partecipato alla veglia di preghiera per invocare la guarigione del Papa. Negli studi di Tele Padre Pio abbiamo ospitato don Filippo Di Giacomo, sacerdote carmelitano e giornalista Rai, il quale ha presieduto l’adorazione eucaristica.
La sofferenza è il tema dominante di questo momento di preghiera dedicato a Giovanni Paolo II. Don Filippo, quanto in effetti questo messaggio è stato recepito dalla gente?
Dal 13 maggio 1981, quando qualcuno ha “rubato” la salute del Pontefice, noi assistiamo ad una grande ed enorme catechesi che vede Giovanni Paolo II trasformarsi durante tutti questi anni nell’icona diretta e immediata di tutto ciò che è umano in noi. E’ questa è una di quelle esperienze che nella storia della santità della Chiesa rimandano direttamente ai grandi santi della carità, ossia a quelli che sono stati capaci di vedere un sofferente, di mettersi in ginocchio, di farsi il segno della croce, di riconoscervi il segno di Cristo e di darsi da fare.
Molti hanno sottolineato che la capacità di Giovanni Paolo II nel saper testimoniare con molta umanità la sua sofferenza derivi dal fatto che arriva dall’Est?
Giovanni Paolo II ci sta insegnando la teologia della croce che non è un fatto puramente simbolico. Mentre nel 2000 noi festeggiavamo il Giubileo, fonti ONU hanno quantificato a 120 mila i cristiani che per motivi direttamente legati alla propria fede venivano perseguitati e massacrati. Il Sommo Pontefice insegna la scienza della croce in un secolo che ha avuto il più grande numero di martiri nella storia della Chiesa. Un numero infinito! Il Papa è testimone di un popolo di testimoni. A me piace definire il Papa come un grande teologo perché la sua teologia la fa nella sua carne. La sua teologia la racconta al mondo intero da quando è stato costretto a mettersi in ginocchio sotto i colpi dell’attentatore di Piazza San Pietro. Vorrei proprio che noi riprendessimo questo grande insegnamento, questa grande teologia in un secolo dove per tanti motivi abbiamo della Chiesa un’immagine distorta. La Chiesa vera è la Chiesa della croce che la provvidenza ha impresso anche nel corpo del nostro Pontefice che è diventato per il mondo intero “teologia vivente””.
Il Santo Padre ha mostrato a tutti, nella dignità più assoluta, quanto in effetti possa essere semplice e umana la propria sofferenza….
Credo che questo sia una di quelle grandi occasioni per ritrovare realmente il senso dell’identità profonda del Vangelo che si incarna continuamente nel corpo di Cristo che è la Chiesa. Dobbiamo ritrovare il senso di questa umanizzazione di un Papa che quando era forte difendeva le ragioni di una vita nascente e adesso che è sofferente ci pone seriamente il problema della sofferenza. Giovanni Paolo II ci parla di vita, dall’inizio alla fine, probabilmente per ricordarci che la nuova evangelizzazione deve ripartire dall’unico Signore della vita.
Come nasce il suo legame con l’Unitalsi e, di conseguenza, con San Giovanni Rotondo?
Ho avuto la gioia di poter presiedere a delle conferenze e a degli incontri sia per i giovani che per i medici dell’Unitalsi. Qualcuno mi ha proposto un impegno più solidale e presente e io ho accettato ma ponendo come condizione di poter essere incorporato nella grande famiglia unitalsiana non come sacerdote ma come membro. Con il Presidente, il dott. Antonio Diella, abbiamo risolto il problema giuridico e abbiamo pensato che il gruppo a cui potevo appartenere era quello di San Giovanni Rotondo. Per me è stato motivo di gioia perché è molto forte il mio legame con Padre Pio e ho la gioia anche di poter aiutare la vivacissima sottosezione unitalsiana di San Giovanni Rotondo a prepararsi a questo compito importante che andrà svolto con massimo impegno.