07 marzo
Perpetua e Felicita sono tra i martiri africani più illustri della cristianità. Queste due spose e madri subirono il martirio sotto l’Imperatore Settimio Severo. Livia Perpetua fu una colta matrona di 22 anni, sposa e madre di un bambino e originaria di una città africana molto credente.
Furono condannati a morte perché desiderosi di farsi cristiani e non cedettero alla volontà dell’autorità, che le processerà chiedendo di fare sacrifici agli dei. Perpetua, inoltre, non soccomberà alla rinuncia del suo Credo che il padre pagano le propose in tutti i modi.

Di quei giorni Perpetua scrisse un diario, le cui annotazioni faranno parte della Passione di Perpetua e Felicita, scritta probabilmente da Tertulliano testimone a Cartagine. Tertulliano documenterà il martirio subito da Perpetua, dalla giovane Felicita, figlia di suoi servi e in gravidanza avanzata, e da tre uomini di nome Saturnino, Revocato e Secondulo. Subito dopo l’arresto vennero rinchiusi in una segreta del carcere di Cartagine. Perpetua non si preoccupava per lei, della morte non aveva paura, si preoccupava del figlio per il quale implorava la vita.
Pagando una mancia riuscirono ad allontanarsi per poco dal caldo soffocante delle carceri affollate. Perpetua riuscì ad allattare il bimbo ormai stremato e ottenne che rimanesse nel carcere con lei. La giovane Felicita, però, non voleva aspettare l’ora della sua morte che ritardava perché era in cinta. Infatti, la legge romana, proibiva l’esecuzione capitale delle donne in attesa. Felicita, però, ottenne dal Signore la grazia del parto. Nacque una bambina e lei, insieme a Perpetua e altri compagni martiri, la mattina del 7 marzo lasciò il carcere per entrare nell’arena a combattere contro le fiere. La loro «professione di fede» sarà il martirio nel nome di Cristo.