12 aprile
Giuseppe nasce a Benevento il 25 luglio del 1880 da Francesco Moscati, magistrato, e Rosa de Luca. Settimo di nove figli, si iscrisse a medicina «unicamente per poter lenire il dolore dei sofferenti» e ruppe con la tradizione familiare perché oltre al padre, anche il nonno paterno e i suoi due fratelli studiarono giurisprudenza.
Il primo ammalato con cui ebbe a che fare fu il fratello Alberto, che, caduto da cavallo, subì un trauma cranico, che gli produsse una forma di epilessia. Questo episodio le fece riflettere sulla brevità della vita umana e sulla necessità di doversi dedicare interamente alla professione medica. Concluse gli studi di medicina il 4 agosto del 1903 con una tesi sull’urogenesi epatica, laureandosi col massimo dei voti. Aveva la capacità di agire tempestivamente: durante l’eruzione del Vesuvio del 1906 salvò alcuni malati prima che il tetto dell’ospedale stesso crollasse; limitò i danni dell’epidemia di colera del 1911; fu direttore del reparto militare durante la grande guerra. La sua carriera avanzava: divenne dirigente dell’Istituto di anatomia patologica. Un forte insegnamento traeva dalle autopsie. Un giorno convocò i suoi assistenti nella sala delle autopsie per mostrare loro non un caso clinico, ma la vittoria della vita sulla morte. Per questo motivo, fece sistemare un cartello sovrastato da un crocifisso che diceva: «Ero mors tua, o mors». Per mantenersi sobrio e povero come i suoi malati, andava a farli visita a piedi e restituiva loro il denaro che gli veniva dato per pagare la visita. Per lui i poveri erano «le figure di Gesù Cristo, anime immortali, divine, per le quali urge il precetto evangelico di amarle come noi stessi». La carità era per lui la forza con la quale cambiare il mondo. Ebbe una forte capacità diagnostica come nei confronti del tenore Enrico Caruso, al quale rivelò la vera natura del male che lo condusse alla morte.

Tra i suoi pazienti ci fu anche il fondatore del santuario della Madonna del Rosario di Pompei, il Beato Bartolo Longo. La sorgente delle sue doti era l’Eucarestia e aveva una forte devozione verso la Vergine Maria per la quale decise di rimanere celibe anche per conservare la libertà di visitare i suoi poveri. Moscati morì per infarto il 12 aprile del 1927 verso le 15 del pomeriggio. Ancora oggi, grazie alla sorella Nina, è conservata la sua poltrona come tanti altri suoi oggetti, nella chiesa del Gesù Nuovo, affidata ai Gesuiti. Venne dichiarato venerabile il 10 maggio 1973, è stato beatificato a Roma dal Beato Paolo VI il 16 novembre 1975. Venne canonizzato da papa Giovanni Paolo II il 25 ottobre del 1987, al termine del sinodo dei vescovi sulla Vocazione e Missione dei laici nella Chiesa.