“In Cristo siamo popolo regale, sacerdoti per il nostro Dio” è il titolo della rubrica curata dal prof. Giovanni Chifari, docente di Teologia Biblica, offerta agli amici di Tele Radio Padre Pio ogni martedì pomeriggio nel corso del programma “Un senso, un traguardo”, come piccolo “strumento” per una crescita personale che scaturisce da un impegno generato dalla Parola di Dio ascoltata, meditata, celebrata e condivisa. Vi proponiamo alcuni stralci tratti dalla puntata del 5 aprile 2010 realizzata nel corso della rubrica dedicata all’Anno Sacerdotale.
In questa Domenica dopo Pasqua, ancora colmi della gioia pasquale, che ci accompagnerà per tutto questo tempo liturgico, vogliamo riflettere sul valore della fede e della testimonianza, nonché sul cammino della conversione.
Dopo aver visto la testimonianza di Maria Maddalena, che va al sepolcro in cerca del Suo Signore (Kirios), abbiamo compreso che la via dell’amore è l’unica strada che ci consente di poter capire, comprendere, contemplare. Essa è come la donna descritta nel Cantico dei cantici, che va in cerca del suo diletto e che non trova pace fin quando lo incontra. Adesso osserviamo il percorso di fede in Tommaso, dapprima incredulo e poi credente.
Quale la prospettiva della resurrezione che emerge dal quarto vangelo? Cosa dire inoltre? Quale il senso della resurrezione? Quali gli effetti? Quale futuro? Quale speranza? Cosa essa dice sull’uomo? Quale inafferrabile novità di questo mistero?
La luce della resurrezione è significata da Giovanni con la categoria della gloria pasquale, che consente di contemplare l’intera storia di Gesù alla luce degli effetti della gloria pasquale, chi vede questa gloria e crede è nella verità, è nella via, cioè Cristo, che conduce al Padre, fa germinare il seme della vera libertà. La salvezza è illuminazione in quanto reale luce che illumina ogni uomo che si apre a questo inafferrabile mistero. Per accedere ad essa bisogna credere: “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna”(3,36). In Cristo morto e risorto, ci dice l’apostolo, i cristiani sperano nella resurrezione, cioè in un corpo come quello di Cristo. Con una dimensione fisica ma anche spirituale, (2 Cor 4,16); un uomo dunque psichico, cioè terreno, ma anche spirituale, in quanto ha gratuitamente ricevuto come dono lo Spirito santo (1 Cor 2,14). L’uomo sembra riscoprire il suo essere unità di corpo, anima e spirito in riferimento a Cristo. L’obbedienza nella fede a Cristo si manifesta anche corporalmente nell’affrontare le sofferenze fisiche e spirituali, come partecipazione alla passione e resurrezione di Cristo stesso ( 2 Cor 10,10). Che dire dunque del corpo? Il corpo è infatti segno della presenza di Cristo nel mondo, ed è per la resurrezione ( 1 Cor 6,13), il Signore è infatti per il corpo (1 Cor 15,53). Il cristiano sperimenta di essere in Cristo, di appartenere corpo e anima al suo Signore. Il fondamento della resurrezione di Gesù e la partecipazione ad essa mediante la comunione nello Spirito, diviene forza per il concreto agire del cristiano, attraverso il criterio dell’amore per Cristo e per i fratelli.
Quale parallelismo fra la fede di Tommaso e quella della Chiesa? Quale riflessione in chiave sacerdotale?
Il vangelo di Giovanni narra l’apparizione del risorto ai suoi discepoli il giorno stesso di Pasqua. I discepoli si trovano nel cenacolo, con le porte sbarrate per timore dei Giudei. Viene Gesù in modo misterioso e la paura dei discepoli si trasforma in gioia. Paura e gioia ci fanno pensare subito ad alcune emozioni, a stati d’animo, ma il linguaggio giovanneo non è psicologico, bensì teologico; non indica infatti stati d’animo, ma diverse collocazioni dell’uomo davanti alla realtà. La paura è l’atteggiamento di chi percepisce la realtà e gli altri come ostili; la gioia è piuttosto la fiducia e la pace con cui il credente guarda il mondo attorno a lui. La comunità dei seguaci di Cristo è consacrata alla missione; perciò la chiesa è per sua natura missionaria. Gesù risorto investe i suoi discepoli di questa funzione: egli li manda nel mondo, come il Padre ha mandato il Cristo. Come il Figlio è l’Inviato di Dio, così i discepoli sono gli inviati del Cristo. Il vangelo di Giovanni affida a Tommaso la professione di fede più alta. Per crederlo risorto ho bisogno di toccare i segni della sua crocifissione. Ma i segni della sua crocifissione sono i segni del suo amore, è ciò per cui lui è morto, è la carità che ci ha usato. Ho bisogno di toccare i segni della sua carità. Quale sarà allora il segno della sua carità? Per che cosa crederemo? Crederemo per coloro che portano i segni dell’amore di Dio: le piaghe dei malati, le piaghe di una umanità sofferente sono la verità della nostra fede.
(Foto: “Cristo Risorto", mosaico di padre Rupnik, Cappella "Redemptoris Mater" del Palazzo apostolico in Vaticano)