Nel natale del 1966 un piccolo gruppo di tredici persone disabili e un giovane prete, don Franco Monterubbianesi, decisero di iniziare l’avventura di una vita in comune in una vecchia villa abbandonata nella campagna di Capodarco di Fermo, nelle Marche. Il gruppo crebbe velocemente e da tredici membri iniziali in pochi anni la comunità arrivò a più di cento. Oggi la Comunità di Capodarco è presente in svariate città e regioni d’Italia, di essa fanno parte centinaia di persone tra comunitari, ragazzi impegnati nel servizio civile, operatori sociali e volontari. La Comunità organizza servizi per la riabilitazione e l’inserimento sociale e lavorativo dei portatori di handicap ma nel corso del tempo la sua sfera di azione si è allargata dai bisogni dei disabili fisici e psichici a quelli dei giovani, dei minori, dei tossicodipendenti, degli immigrati, dei malati psichiatrici. Dagli anni ’90 inoltre si è allargata fuori dai confini nazionali, dando vita alla Comunità Internazionale di Capodarco (CICa), un’organizzazione non governativa di solidarietà, che si propone di dare risposte ai problemi dei poveri e degli emarginati di tutti i continenti, con un’attenzione prevalente rivolta ai disabili. Dal 1994 Don Vinicio Albanesi è il presidente della Comunità, la storia delle Comunità di Capodarco è la sua storia, lui è arrivato qui negli anni 70, ha condiviso il sogno di questa famiglia, che da oltre 30 anni non ha più abbandonato e che giorno dopo giorno ha fatto crescere. Una vita al fianco degli ultimi, quella di don Vinicio, di chi sta ai margini della società, di chi dalla società è considerato diverso, mentre a Capodarco ha trovato il calore di una grande famiglia. «La diversità – ci dice don Vinicio – è una dimensione che in qualche modo tutti abbiamo, quindi dovremmo essere capaci di andare aldilà delle apparenze». Lui si ricorda bene di quando venivano cacciati dai lidi, di quando non potevano andare a teatro e di quando, nei treni, «le carrozzine venivano appoggiate in quarta classe, nei vagoni semi aperti, insieme alla posta e ai polli e conigli». Ci racconta anche di quando chiusero i manicomi, don Vinicio, e delle storie di chi ha passato tutta una vita in manicomio, come il caso di una donna entrataci all’età di 8 anni e rimasta lì per 56 anni. La ricetta di don Vinicio per aiutare chi soffre è semplice, però, «se tu vuoi bene ad una persona – ci dice – quella persona lo capisce e quando uno vuol bene i problemi si riesce a risolverli».
In morte di Papa Francesco. Fr. Francesco Dileo
La lettera del Ministro della religiosa provincia "Sant'Angelo e Padre Pio" Provinciale fr. Francesco Dileo in morte di Papa...