«Fare questo film è un’esperienza molto speciale. […] È un’icona Padre Pio». Così Abel Ferrara, in una conferenza stampa, svoltasi ieri nella Biblioteca di Monte Sant’Angelo, al termine della terza settimana di riprese, prima di iniziare la quarta ed ultima, ha rivelato motivazioni ed emozioni del film che sta girando in provincia di Foggia (a San Marco la Catola e a Monte Sant’Angelo) sulla figura del Cappuccino stigmatizzato vissuto a San Giovanni Rotondo. «Padre Pio – ha aggiunto il regista americano – è nato a Pietrelcina, che è vicino a dove ha origine la mia famiglia. Mio nonno, in particolare, era nato nello stesso anno di Padre Pio. Grazie a questo rapporto familiare, mi sono sentito vicino, da uomo a uomo, con la figura di Padre Pio».

Tale vicinanza, però, da uomo di fede («Sono buddista praticante, cresciuto come cattolico romano», ha dichiarato) non gli ha impedito di porsi alcune domande: «Che cos’è un santo? Come si diventa santi?». «Quando, nella ricerca, abbiamo trovato che la sua storia coincideva con un momento storico molto importante: la vittoria socialista a San Giovanni Rotondo, che segue poi l’eccidio e l’inizio di una nuova era, quella del Ventennio in Italia, ho sentito che c’erano tutti gli elementi per raccontare una storia veramente forte e speciale», ha aggiunto.
«Il progetto – ha detto ancora Ferrara – è partito cinque anni fa. […] Dall’inizio ho sentito l’amore della gente per questo progetto e la bellezza di questi luoghi del Gargano. L’intenzione era di realizzare un film mistico, ma anche reale. Abbiamo cercato di capire il vero spirito di Padre Pio, capire chi era, la sua storia», a partire dalla corrispondenza intercorsa fra lui, il suo direttore spirituale e il suo confessore. In proposito, il regista ha fatto una dichiarazione di grande ammirazione: «Nel fare questo film su Padre Pio ho scoperto che le sue lettere sono della mano di un grande scrittore, paragonabile a Baudelaire. […] Sono state una rivelazione queste lettere di Padre Pio, qualcosa di affascinante».

«Non è solo la storia spirituale di Padre Pio che mi ha attirato – ha rivelato ancora Abel Ferrara – ma anche la sua relazione con le persone vere, la sua potenza e la sua eccellenza come confessore, come la spiritualità si collega con il potere. Tutti questi sono elementi di fascinazione, che nella scrittura ho cercato di inserire».

Infine, rispondendo alla domanda di un giornalista, il regista si è soffermato sulla persona e sulle capacità interpretative del protagonista del film: «La scelta di Shia LaBeouf è stata casuale, ma anche giusta. Lui ha avuto modo di immedesimarsi in Padre Pio. È un viaggio spirituale che sta compiendo ancora. Il passaggio dall’oscurità alla luce che Shia sta compiendo è importante. Sono sei mesi che non si toglie il saio, ha trascorso quattro mesi in un convento della California e, tuttora, sta facendo un percorso spirituale. Per lui questa è un’esperienza che lo sta trasformando, perché aveva bisogno di questa trasformazione. Come buddista non credo nei miracoli, ma il fatto che io abbia chiamato Shia per proporgli questa parte, per lui, per la sua vita, per il suo percorso personale, è stato una sorta di miracolo, perché ha trovato una forza, un’energia e un personaggio che non conosceva, nel quale ha potuto scavare. È stato un viaggio in se stesso».