a) La speranza, che è la seconda virtú teologale, fondata sulla pasqua del Cristo, ci fa tendere a Dio, come nostro bene futuro, dandoci la forza di affrontare il presente e proiettarci nel futuro. b) Ci aiuta a dare il giusto valore ai beni materiali, orientando le scelte della vita ai beni eterni, non fuggendo l’oggi, ma vivendolo in pienezza, per attuare, già su questa terra, le promesse del regno. c) La fede ci fa vedere, la speranza ci fa quasi pregustare, ci fa tendere con ogni mezzo al suo possesso, ce ne fa godere anticipatamente il raggiungimento, come se già fosse in nostro potere. d) Questo è possibile, se ci basiamo su Dio, perché “Dio è fedele” (Sal 146, 6), ma noi dobbiamo mettere a disposizione sua e dei nostri fratelli, tutto il nostro entusiasmo e tutte le nostre energie, poiché la speranza è il dinamismo della fede, sulla quale necessariamente poggia. e) Questa virtú della speranza ci invita a evitare lo scoraggiamento, perché esso ci fa mollare tutto, ci fa deporre le armi, non facendoci lottare contro le varie avversità. f) La speranza per il cristiano non deve essere un atteggiamento provvisorio, ma permanente.
Speranza oggi: Invece, la speranza odierna si fonda su idoli passeggeri, come la moda, che dura una sola stagione! a) Nell’uomo odierno c’è un assurdo: dice di non credere in Dio e poi crede ai chiromanti, ai maghi, ai fattucchieri, ai veggenti, ai ciarlieri, che gli svuotano le tasche e alienano il cervello. b) L’uomo di oggi dice di non credere in Dio e intanto si crea degli idoli: ricchezza, notorietà, sesso, divertimento, ecc, insufficienti e intaccate dal peccato! c) Il cristiano non disdegna le speranze umane, ma le arricchisce nella prospettiva dell’unica e decisiva speranza, che è Cristo, “rivestendosi con la corazza della fede e della carità, avendo come elmo la speranza della salvezza” (1Ts 5, 8). La speranza del cristiano non è rassegnazione, falsa sicurezza, ottimismo ingenuo, ma è certezza della promessa di un mondo migliore, perciò il credente si impegna a vivere l’amore verso Dio e il prossimo, a liberare dai mali fisici e sociali, a guardare al futuro con una speranza operosa, e a non rimanere inerte, tenendo presente l’esempio del servo fedele, che traffica i talenti ricevuti, nell’attesa del ritorno del padrone (cf Mt 25, 21).
1ª domanda: “Come p. Pio ha vissuto questa virtú teologale?”.
a) P. Pio non ha mai disgiunto la virtú della speranza dalle altre due: la fede e la carità, in quanto esse costituiscono un’unica realtà, anche se con aspetti e momenti diversi. b) Queste 3 virtú si possono paragonate alle 3 ruote del sidecar! Infatti, per lui la sintesi tra la fede e la speranza si realizza nella carità. Egli parla di una fede piena di speranza e di una speranza piena di fede, vissuta nella storia di Dio, cioè nella carità! Effetti di questa speranza: Questa speranza, che è abbandono totale, gioioso e fiducioso in Dio, sia nel campo materiale che spirituale, non è faccenda privata, ma riguarda tutti i fratelli.
Nel campo spirituale: a) In piú di un caso della sua vita, p. Pio si è fidato ciecamente della “divina provvidenza”, credendo pienamente nelle parole di Gesú, che esorta all’abbandono filiale al Padre celeste, che conosce tutti i nostri bisogni: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il vostro Padre celeste li nutre… Guardate come crescono i gigli del campo: non lavorano, né filano, eppure…Ora il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutto questo” (Mt 6, 26ss). b) Non si è mai angustiato, neanche per le sue opere sociali, soprattutto per la costruzione di “Casa sollievo della sofferenza”, perciò ripeteva spesso: “Io mi devo occupare e non preoccupare. La mia occupazione è quella di abbandonarmi in Dio, il resto lo farà lui”.
Nel campo spirituale: Questa virtú teologale è necessaria, per abbandonarsi in Dio. Solo due frasi: I) A p. Benedetto, il 19 giugno 1918: “La speranza è una virtú necessaria per l’abbandono in Dio, specialmente quando il colmo della tempesta imperversa e la riboccante misura della miseria umana mi schiaccia” (Ep. I, 1036). II) E a p. Agostino, il 25 agosto 1915: “Avvenga quello che Iddio ha stabilito di me; ma io in ogni modo spererò sempre in lui e la mia voce sempre piú forte a lui si innalzerà: «Etiam si occideris me, in te sperabo» (= Anche se tu m’uccidessi, in te spererò = Gb 13, 15)” (Ep. I, 634). Virtú per sopravvivere nella notte oscura: P. Pio chiamò la speranza “la forza dell’anima” e con essa affrontò e superò tutte le prove, soprattutto quelle spirituali della “notte oscura”. In quel periodo di prova, cioè della notte oscura, ascoltando l’apostolo s. Pietro, che ci esorta, con viva speranza, a gettare “in Dio ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi” (1Pt 5, 7), p. Pio pose tutta la sua fiducia in Dio. A che serviva la notte oscura: a) Attraverso la “notte oscura” il Signore lo voleva spogliare totalmente dall’uomo vecchio e rivestirlo dell’uomo nuovo “creato secondo Dio nella giustizia e nella santità” (Ef 4, 24). b) Per raggiungere questo scopo, Dio “nuda le potenze, gli affetti, i sensi… lascia l’intelletto nell’oscurità, la volontà nell’aridità, la memoria nel vuoto, gli affetti dell’anima in grande afflizione, amarezza e angustia, priva del gusto, che prima si trovava nei beni spirituali” (GC N II. 3,3). c) Chi aiuta in questo stato spirituale drammatico dell’anima è la speranza, che fa abbandonare in Dio “come un bimbo in braccio a sua madre” (Ep. I, 800), altrimenti si cadrebbe nella depressione spirituale.
Suggerimenti agli altri: “Abitiamo colla fede viva, colla speranza ferma e coll’ardente affetto nel cielo, col vivissimo desiderio, finché siamo viatori, per potervi un giorno, quando a Dio piacerà, abitarvi colla persona” (Ep. II, 453 = a Cerase, 24 giugno 1915).
2ª domanda: “Come vivere la speranza, oggi?”.
Oggi, l’uomo pessimista dice che è difficile vivere la speranza sia nel campo spirituale, a causa dell’ateismo regnante, sia nel campo materiale, a causa della recessione mondiale. P. Pio ha dato speranza sia nel campo spirituale che materiale.
Speranza nel campo spirituale: a) Nel campo spirituale, per quello che concerne me e altri cordigeri-araldini ci ha educati a ricevere i sacramenti, a nutrirci della preghiera, cibo dell’anima, a ricordarci dei defunti e a “fare dei fioretti”, soprattutto nel mese di maggio. b) Egli come figlio di contadini, ci diceva che “non sono i temporali, che rendono fertile il terreno, ma le piccole gocce, che, una dopo l’altra, penetrano nella terra”, perciò ci insegnava a compiere piccoli gesti verso il prossimo, con la certezza di guadagnare grandi meriti, davanti a Dio. c) Ci inculcava, soprattutto, queste tre cose: I) a non perdere mai di vista il valore della vita, che va oltre la morte, a II) misurare i limiti e la provvisorietà delle nostre piccole conquiste, III) ad apprezzare anche il dolore, attraverso il quale la persona può crescere nel dono di sé. “Il chicco di grano se non muore- ci diceva- non può produrre la spiga turgida e biondeggiante”. d) Ci insegnava che anche le piú grandi difficoltà vengono superate, se abbiamo fede in Dio, perciò ci ripeteva spesso: “Prega, spera, non agitarti: l’agitazione non serve a nulla!”. e) Soprattutto ci ha educati a chiedere sempre l’aiuto di Gesú, perché il Cristo stesso ci ha detto: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5).
Speranza nel campo materiale: Nel campo materiale, p. Pio ha dato speranza e lavoro a tante famiglie. Negli anni ’50-’60, si sentivano ancora gli effetti disastrosi della guerra, che imponevano ristrettezze e sacrifici di ogni genere. Mangiare: Per il pranzo, il piatto era unico. La frutta e la carne in rare occasioni. Per il dolce o il gelato a S. G. R. bisognava attendere le feste di s. Giovanni o della Madonna delle Grazie. Mi sembra che i bidoni dei rifiuti non esistessero affatto, giacché del pranzo non avanzava mai nulla, anzi…! Questo, perché, come dice un nostro canto paesano “la fatija va fujann int’ l chiazz d’ San Giuann” (= il lavoro va fuggendo per le strade di S. Giovanni Rotondo). Aiuto: In quel tempo, p. Pio ricordava a tutti, in modo speciale ai giovani, che c’è un proverbio, che dice: “Anche nella notte piú buia e tempestosa, non chiudere mai la porta alla speranza”. Questo si è realizzato per tanti, negli anni ‘50/’60, grazie all’interessamento e all’intercessione del santo p. Pio. Egli ha compiuto tanti gesti verso giovani di quegli anni, soprattutto per la città di S.G. R.. Per essi, ha fondato il centro di formazione di lavoro “Istituto terziari cappuccini dell’Addolorata” o piú comunemente detto, a S.G. R. da “Padre Dumin’k” (da p. Domenico). Commiato: Quando questi giovani partivano per lavorare, lontano da S. G. R., recandosi da lui, ricevevano la sua benedizione e, p. Pio, abbracciandoli, diceva a ognuno: “Figlio mio, parti con la mia benedizione! Fatti onore e ricordati di quello che ti ho insegnato”.
Conclusione: In poche parole, sia nel campo spirituale che in quello materiale, p. Pio ha trasmesso speranza dov’era disperazione; fiducia dov’era sconforto; perdono dove regnava odio; collaborazione dov’era ribellione e individualismo; ricchezza dov’era miseria; gioia dov’era tristezza e grazia dov’era il peccato.
Barzelletta: Tre persone: un frate, un prete e un carabiniere, in viaggio in Cina vengono arrestati, con l’accusa di essere delle spie, e stanno per esser giustiziati, tramite fucilazione. Il primo a dover esser fucilato è il frate. Il capitano del plotone gli chiede: “Hai un ultimo desiderio?”. “No”. Allora, il capitano grida: “Caricaaaaa! Puntate!”. In quell’istante, il frate grida: “Terremotoooo!”. I soldati si guardano, tra loro, confusi e spaventati. Il frate approfitta del subbuglio, per fuggire. Arriva il turno del prete. Anche a lui viene chiesto, se ha un ultimo desiderio. Risponde di no. Di nuovo il capitano grida: “Caricaaaaa! Puntate!”. Anche il prete, improvvisamente, grida: “Tornadoooo!”. I soldati sono ancora piú confusi, perciò il prete ne approfitta per scapparsene. Infine, tocca al carabiniere. Neanche lui ha un ultimo desiderio, perciò ha inizio l’esecuzione: “Caricaaaaa! Puntate!”. E il carabiniere: “Fuocoooo!”.
Padre Pio e sorella morte
Siamo nel mese, che la Chiesa ha dedicato, consacrato ai nostri cari defunti: il mese di novembre. Tutti, chi prima,...