a) Con il battesimo, lo Spirito santo ci comunica il dono della fortezza, I) per vincere la debolezza umana, II) per custodire la grazia santificante, III) per esercitare in tutte le circostanze le virtú cristiane e IV) per testimoniare la nostra fede, davanti a Dio e agli uomini.
b) A sostegno di questa virtú, Dio ci offre se stesso, la sua parola e i sacramenti.
c) La fortezza, che è anche il quarto dono dello Spirito santo, è sinonimo di “carattere”, perciò su di essa scrive s. Ambrogio: “La fortezza è virtú caratteristica di un animo non comune. Soltanto lei difende la bellezza di tutte quante le virtú, lotta in maniera implacabile contro tutti i vizi. Non cede alla fatica, resiste ai pericoli, molta rigida verso i piaceri, dura contro le lusinghe, allontana come una peste, che indebolisce la virtú” (De off 3.9. PL 16, 86). Non è: La fortezza non riguarda la brutalità fisica, lo spirito avventuroso, ma la costanza e la coerenza morale. Non riguarda lo sviluppo dei muscoli del culturista, ma il virile brillare del carattere. Essa non vivificata dalla carità potrà formare uno stoico, un super-uomo, ma mai un cristiano. Crescita della fortezza: C’è un detto a proposito della crescita-maturazione della fortezza: “Semina un atto e raccoglierai un abito; semina un abito e raccoglierai un carattere; semina un carattere e raccoglierai un destino”. Questa virtú reprime i sentimenti di spavento, di timore e di repulsione, creati in noi dalla prospettiva delle varie difficoltà della vita. Essa domina la paura, derivante dall’idea di una lotta, che dura tutta la vita.
a) Lotta contro la natura decaduta e corrotta, contro le provocanti passioni, contro gli istinti deteriorati, contro il demonio, che, come leone ruggente, assalta costantemente l’intelligenza col dubbio, la volontà con la ribellione e il cuore con la perversione, contro satana, che moltiplica le occasioni del peccato, appiana la via del male e addolcisce, mimetizzandola, la stessa perdizione o dannazione eterna. b) Lotta per conservare la fede cristiana e per obbedire alla coscienza e ai doveri del proprio stato
c) La virtú della fortezza domina la paura, senza togliere, però, all’uomo la repulsione e il timore, davanti al dolore e alle altre difficoltà. d) In tal senso, non può dirsi forte l’apatico, cioè chi è insensibile ai dolori e alle persecuzioni, o chi non stima piú la vita, non dà prova di coraggio o la mette sconsideratamente a repentaglio. e) Il forte affronta il male, lo smaschera e lo lotta per il trionfo del bene, attaccandolo con le armi piú adatte, evitando, però, i mezzi violenti.
f) Il massimo atto della fortezza è il martirio, cioè l’esser pronti a morire, per Cristo e in Cristo.
1ª domanda: “Come ha vissuto p. Pio questa virtú?”.
Dal “Decreto sulle virtú” leggiamo: “Rifulse in p. Pio la virtú della fortezza. Egli comprese ben presto che il suo cammino sarebbe stato quello della croce e l’accettò subito con coraggio e per amore. Sperimentò per molti anni le sofferenze dell’anima. Per anni sopportò i dolori delle sue piaghe con ammirabile fortezza. Accettò in silenzio e preghiera i numerosi interventi dell’autorità ecclesiastica e del suo Ordine. Di fronte alle calunnie tacque sempre”.
a) La fortezza è stata la prima virtú richiesta a p. Pio da un “uomo maestoso di una rara bellezza”, che gli disse: “Vieni con me, perché ti conviene combattere da valoroso guerriero… Vana è ogni tua resistenza, con questi ti conviene azzuffarti. Fatti animo: entra fiducioso nella lotta, avanzati coraggiosamente che io ti starò d’appresso; io ti aiuterò e non permetterò che egli ti abbatta; in premio della vittoria, che ne riporterai, ti regalerò una splendida corona, che ti fregerà la fronte” (Ep. I, 1280-1281). b) In questa celebre visione del 1° gennaio 1903 (cf Ep. I, 1280-1284), cinque giorni prima di entrare al noviziato di Morcone BN, p. Pio si vide vincitore con l’aiuto di Gesú, che mai si distaccò da lui. c) Questo “uomo maestoso di una rara bellezza” tolse subito dalla testa di p. Pio la “corona di rarissima bellezza” e gli disse: “Un’altra piú bella tengo per te riserbata, se tu saprai ben lottare con quel personaggio col quale or ora hai tu combattuto. Egli ritornerà sempre all’assalto, per rifarsi dell’onore perduto; combatti da valoroso e non dubitare del mio aiuto” (Ep. I, 1283).
Come si è comportato p. Pio?
P. Pio, da uomo forte, pur temendo le cose, perché doveva lottare contro satana e i suoi adepti, le affrontò egualmente, fiducioso nella vittoria, perché confidava nell’aiuto di Dio: combatté senza abbandonare per paura o viltà. In lui questa virtú ebbe due obiettivi: I) sconfiggere il diavolo e i suoi adepti e, poi, II) propiziare la grazia divina a sé e ai suoi fratelli.
Sconfiggere satana. Il diavolo lo tentò continuamente, perché vedeva in p. Pio il salvatore d’anime, le quali satana voleva perdute in eterno. I) P. Pio, scrivendo a p. Benedetto, il 2 giugno 1911, confessa: “Il comune nostro nemico seguita a muovermi guerra e finora non ha dato segno di volersi ritirare e darsi per vinto. Egli mi vuol perdere ad ogni costo; mi va presentando dinanzi alla mente il quadro doloroso della mia vita e quel che è peggio mi va insinuando pensieri di disperazione” (Ep. I, 224). II) A p. Agostino, il 9-5-1915, confida che il diavolo lo tentò “tutti i momenti”, e, vedendo che p. Pio non cadeva nel peccato, incrementò le tentazioni, insieme agli altri diavoli: “I nemici insorgono, o padre, di continuo contro la navicella del mio spirito e «tutti d’accordo» mi gridano: abbattiamolo, schiacciamolo, perché è debole e non potrà a lungo resistere!” (Ep. I, 575). P. Pio non temette gli assalti furenti dei diavoli, perché aveva dalla sua parte la Madonna (cf Ep. I, 224 e 575) e soprattutto Gesú.
Propiziare la grazia. Il secondo obiettivo della virtú cardinale della fortezza in p. Pio fu propiziare la grazia divina per sé e il suo prossimo. Nella visione del 1° gennaio 1903, il prossimo è rappresentato da quella schiera di “ uomini bellissimi e ricoperti di vesti bianche, candide come le nevi” (Ep. I, 1281), cioè a) coloro che sono già santi in paradiso e b) coloro che sono tali, in forza del battesimo, ma che devono ancora lottare, per conservare la fede.
Compito di p. Pio: a) P. Pio, sacerdote-vittima, ebbe il compito di aiutare questi ultimi a conservare bianche le loro vesti o a lavarle con il sangue (cf Ap 7,14), sgorgato dal suo cuore e dalle sue piaghe. b) Per far questo, egli ha dovuto svolgere una triplice missione: 1°) prendere la croce con coraggio e amore, con umiltà e gioia; 2°) tacere davanti a ingiuste accuse e calunnie, confidando nel giudizio di Dio, dei superiori e della propria coscienza; 3°) infine, inculcare questa virtú cardinale nel cuore dei suoi figli spirituali.
Verso i figli spirituali: a) Egli si rammarica, perché questi ultimi non ne usufruiscono, per combattere e vincere. b) Fa capire loro che è necessaria questa virtú, perché il diavolo tenta continuamente, facendo vedere solo i peccati, precedentemente commessi. Il nemico infernale adopera questa tecnica, per bloccare nella via della santità e nella certezza del perdono e della misericordia di Dio, con l’intento di far cadere nella disperazione (cf Ep. II,100), perciò egli incoraggiava, consigliando: “Discacciate questi vostri storti convincimenti e non temete, perché non ne avete alcun motivo” (Ep. II, 100 = Cerase, 31-5- 1914).
2ª domanda: “Come possiamo vivere questa virtú?”.
Nella società moderna, violenta ed egoista, su questa virtú della fortezza, grava la minaccia dell’ambiguità. Per dissipare ogni equivoco, bisogna tener presente che la fortezza cristiana, virtú necessaria e dono di Dio, principio di una vita coerente e fedele, non ha niente a che vedere con la violenza, la vendetta e la forza bruta, che si manifesta anche in alcune competizioni sportive.
Essa è fondamentale, per rimanere fedeli ai propri impegni e ideali.
Necessaria nella sofferenza
a) È necessaria la fortezza sia ai martiri, sia ai deboli, non solo, per opporre, alla forza bruta e ingiusta del persecutore, la propria forza morale, ma anche per accettare nel nome del Signore tutte le sofferenze del corpo e dello spirito, che egli ci manda. b) Se oggi la gente davanti alle disgrazie perde ogni speranza, in fondo in fondo, è perché non cerca e non si fida di Cristo, come salvatore, o non gli interessa affatto. c) La sofferenza, invece, fa guardare a lui, per ricevere forza nei momenti di sofferenza e portare conforto e incoraggiamento a coloro che si trovano in difficoltà.
Santo timor di Dio
Oltre alla sofferenza, un altro sostegno nella crescita della virtú della fortezza è il “santo timore di Dio”, cioè la considerazione del castigo eterno, cui potrebbe condurci l’insensibilità, di fronte al peccato, e il poco impegno caritatevole verso i fratelli.
Barzelletta
A volte, non solo non aiutiamo i fratelli, ma anzi li prendiamo in giro, come è capitato a un bimbo, figlio di poveri contadini, che, rincasando da scuola, piangeva. La mamma: “Figlio mio, perché piangi?”. : “I miei compagni mi prendono in giro! Dicono che sono un polentone, perché mangio sempre polenta!”. “Su, figlio mio, non piangere! Anche se noi possiamo permetterci solo la polenta, nessuno ti vieta di dire che hai mangiato la pastasciutta!”. Il giorno dopo, in classe, solita domanda cattiva dei compagni: “Ehi, dicci cosa hai mangiato, ieri sera?”. “Pastasciutta!”. “Ah, sí? E quanta ne hai mangiata?”. “Due fette!”.
Padre Pio e sorella morte
Siamo nel mese, che la Chiesa ha dedicato, consacrato ai nostri cari defunti: il mese di novembre. Tutti, chi prima,...