Il 17 settembre del 2018, in Niger, viene rapito, da un gruppo jihadisti, Padre Luigi Maccalli, missionario della Società delle Missioni Africane, che operava da anni nella diocesi di Bomoanga. Padre Gigi viene tenuto sotto sequestro per due anni, due terribili anni, in catene, nel deserto del Sahara, minacciato e spaventato, circondato da gruppi di ragazzi giovanissimi armati di kalashnikov. Dopo due anni di prigionia padre Gigi viene finalmente liberato l’8 ottobre 2020. Ha raccontato la sua storia nella puntata di questa mattina di Viandanti sulle strade del Vangelo, con grande commozione, ricordando il giorno esatto in cui venne legato per la prima volta con una catena ad un albero: «per 22 giorni sono rimasto in catene, notte e giorno. Mi sono chiesto Dio perché mi hai abbandonato? Cosa sta succedendo? Vivevo in un groviglio di domande e di preghiera. Sono stato minacciato con un fucile, puntato su di me». Padre Gigi nei giorni a seguire si è costruito un rosario con la stoffa di un turbante per continuare a pregare e trovare almeno un po’ di pace nella preghiera. Anche in catene padre Gigi è rimasto missionario nel profondo. «Pregavo per tenermi agganciato a Dio e alla missione. Pensavo che anche se i miei piedi erano incatenati, il mio cuore non lo era, e quindi ho continuato con forza le mie preghiere, per le missioni, per la pace e per le periferie del mondo e ho capito e compreso, sulla mia pelle, il valore contemplativo delle missioni».
Il 9 novembre del 2020, poche settimane dopo la sua liberazione ha incontrato Papa Francesco: «È stato un incontro con un padre, con tanta emozione e commozione, mi sono sentito periferia al centro, con un Papa una Chiesa che ha a cuore le periferie del mondo. Mai avrei pensato di trovarmi davanti al Papa».

Tutto questo è raccontato nel suo libro Catene di libertà, edito da EMI. Nel salutarci padre Gigi ha chiesto a tutti di «continuare a pregare per le periferie, per chi soffre e per gli ostaggi».
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https://www.youtube.com/watch?v=PQSDl_nwycA
