Papa Benedetto XVI nella lettera di indizione per l’Anno Sacerdotale scrive: “Ciò che massimamente può giovare alla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pastori, di Religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di Direttori spirituali illuminati e pazienti”. In occasione della prima puntata “Nella vigna del Signore” che ci permette di sottolineare ed evidenziare queste figure di generosi pastori ogni sabato pomeriggio, abbiamo proposto alla riflessione dei nostri telespettatori la figura e il carisma di Padre Annibale M. di Francia, fondatore dei Rogazionisti e delle Figlie del Divino Zelo. Ne abbiamo parlato con padre Silvano Pinato, (nella foto) Superiore Provinciale dei Padri Rogazionisti dell’Italia Centro – Nord di cui vi proponiamo alcuni stralci dell’intervista.
Dando uno sguardo alla figura e al carisma di padre Annibale M. di Francia cosa colpisce in modo particolare?
Per tracciare un po’ le linee portanti della vita di padre Annibale, possiamo partire dal suo cuore. In esso, troviamo quattro grandi amori che sono stati un po’ la luce, la guida di tutta la sua esistenza e le sorgenti di tutte le sue opere. Il primo è l’amore per Cristo, un amore totalizzante e centrale accompagnato da un tenerissimo amore verso la Vergine Maria. Una grande passione per la Chiesa e i sacerdoti. Infine una carità smisurata verso i piccoli e i poveri. Proprio questi grandi quattro amori trovavano però un’unica sorgente: lo speciale dono dello Spirito Santo, quello dell’intelligenza e dello zelo delle parole di Gesù: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone delle messe perché mandi operai nella sua messe”. Tutta la sua vita è attaccata a queste parole del Vangelo e da qui trae tutto.
Da qui parte poi tutta l’avventura umana e spirituale di Padre Annibale. Lei, in questo darsi ai poveri fin da giovane, vede una profezia valida anche per i nostri tempi?
La grande passione per i piccoli, per i poveri nasce proprio dell’esigenza di affidare questo comando di Gesù a coloro che sentono maggiormente il bisogno di buoni operai e credo che abbia molto da insegnare proprio alla luce del suo modo di fare carità. Padre Annibale non si accontenta mai di dare soltanto una promozione sociale ed economica. Egli, nella sua carità, vuole soprattutto donare Cristo. Proprio quando viene condotto nel quartiere di Avignone da un povero cieco, lì incomincia portandovi il cuore di Gesù e sollecitando il desiderio dell’Eucarestia. Attraverso questo cammino, insieme eucaristico, promuove la dignità di ciascuno di loro con gli aiuti materiali, con l’istruzione, con l’educazione e nel giro di pochi anni trasforma un quartiere malfamato e totalmente inospitale, in un luogo della carità e in una autentica vita sociale, umana e cristiana.
Cosa deve e quanto deve padre Annibale alla Chiesa di oggi?
La Chiesa innanzitutto deve il dono speciale che lui ha ricevuto dallo Spirito Santo, ossia il dono della preghiera perché il padrone della messe mandi operai nella sua messe. Da queste parole, padre Annibale fa scaturire una via della santità perché il suo operare verso i poveri, i piccoli non è soltanto un servizio, ma bensì la via che conduce alla santità attraverso la quale si esprime e si realizza la vita. Padre Annibale ha donato proprio con questa spiritualità due Congregazioni religiose: i Rogazionisti e le Figlie del Divino Zelo i quali hanno essenzialmente tre compiti: quello di pregare quotidianamente per i buoni operai, per i sacerdoti e per coloro che operano nella Chiesa per il servizio del Vangelo; diffondere nel mondo la preghiera per i sacerdoti, per i missionari; infine fare loro da buoni operai, ossia vivere pienamente il dono di essere operaio nella carità verso i piccoli, i poveri con una grande fantasia, generosità e totalità.
Giovanni Paolo II ha proclamato Beato padre Annibale di Francia il 7 ottobre del 1990 e lo ha poi definito “Autentico anticipatore e zelante maestro della moderna pastorale vocazionale”. Padre Annibale è il primo ad avvertire il bisogno di promuovere le vocazioni, eppure in quell’epoca i sacerdoti non mancavano?
Non è una questione di quantità, di numeri di sacerdoti. Padre Annibale è stato un anticipatore della moderna pastorale vocazionale proprio perché ha inaugurato un modo nuovo di essere attenti. Lui diceva che non basta darsi da fare per creare seminari, formare seminaristi. Bisogna che questi siano chiamati e formati da Dio, dallo Spirito e solo così saranno veri operai nella vigna del Signore. Ecco allora che il punto di partenza è la preghiera. Quando padre Annibale ha costruito la prima chiesetta nel quartiere di Avignone, nella facciata ha voluto metterci il comando di Gesù: Rogate dominum messi. Egli affermava che lo spirito di preghiera è la cosa più importante e dalla preghiera nascono tutte le grazie. Inoltre, direi, che padre Annibale è un autentico maestro , quasi un dottore della Chiesa proprio sulla preghiera per le vocazioni. In questo anno sacerdotale, la figura di padre Annibale ha più di qualche cosa da insegnare. Oggi si parla molto di Caritas Parrocchiale, padre Annibale sottolinea lo stesso concetto parlando di Zelo Apostolico e afferma che senza di questa non ci può essere vita.
Cosa direbbe oggi padre Annibale ai suoi confratelli e sacerdoti?
Probabilmente direbbe che la via per essere veri sacerdoti è anzitutto collegarsi alla carità di Dio, al suo amore per mezzo della preghiera, dell’eucarestia vissuta più intensamente, per mezzo di una nuova passione di carità verso coloro che hanno più bisogno. Bisogna imparare a ridonare Cristo dopo essersi lasciati riempire. La via è quella di sempre: la santità che genera Cristo in mezzo agli uomini.
Cosa si aspetta da questo anno sacerdotale?
Mi aspetto un risveglio di passione di cammino verso la santità. L’attenzione che ciascun confratello, che ogni sacerdote riscopra il primato dell’amore di Cristo e da questo impari ad amare in modo nuovo i piccoli, i poveri, i fedeli che il Signore dona loro. Dobbiamo, tutti, accogliere questo grande amore di Cristo per poi donarlo agli altri.