Cerchiamo adesso di individuare gli aspetti caratteristici del brano ed i temi prevalenti di questa IV domenica di Quaresima.
Molti studiosi si chiedono se si debba parlare della parabola del figliol prodigo o dell’unica parabola della misericordia, che prenderebbe il suo avvio diversi versetti prima con il racconto della parabola della pecorella smarrita e della dracma perduta. La motivazione che spinge Gesù a raccontare la parabola è il fraintendimento della sua missione, ma anche dell’opera del Padre, che appare manifesto, nell’interpretazione di scribi e farisei. Essi non comprendono come Gesù possa intrattenere relazioni con dei peccatori: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Tutto ciò è inconcepibile per un modo di pensare e di vivere la propria fede secondo una giustizia che sembra coincidere con la pura e semplice osservanza rituale della legge, e che si risolve in una presunta supremazia morale che invece non coglie il cuore della Legge che è proprio l’amore. Il Dio buono e misericordioso, che ci ricorda l’evangelista Matteo, fa sorgere il sole sopra i buoni ed i cattivi, il Dio che è imparziale, va in cerca della pecorella perduta al di fuori del suo ovile, la trova ed è pieno di gioia. Allo stesso modo, gioisce per la moneta che è persa dentro la casa. Il figlio minore, così come la pecorella perduta, si perde fuori, mentre il figlio maggiore, anche se forse non ne è consapevole, come la moneta, è perso dentro. Dio va in cerca dell’uno e dell’altro. Tuttavia uno spazio rilevante è nell’esperienza dell’uomo stesso, che deve poter rintracciare la presenza di Dio nei fatti della propria esistenza. Anche se in un dato momento il figliol prodigo rinetrò in se stesso, quest’evento non è da leggere come uno sforzo volontaristico del soggetto, ma come accoglienza di una grazia operante da tempo, e che adesso trova adesione nell’imprenscindibile sì dell’uomo. Del resto ci ricorda Agostino, che chi ha creato l’uomo senza l’uomo, non lo salverà senza l’uomo.Il figlio minore avrebbe accettato un ruolo di un salariato, fatto che non avrebbe urtato la suscettibilità del figlio maggiore, mantenendo le distanze in ordine alla moralità dei due. Tuttavia il Padre avrebbe perso un figlio e si decide per l’amore. La commozione viscerale è un tratto che caratterizza l’agire di Dio, il correre poco dignitoso di un anziano per riabbraccialre il figlio e rinnovarlo nel suo status anche sociale. Da un punto di vista biblico-teologico, il figlio minore sono i pagani, che hanno cercato Dio ma si sono trovati a prostituire se stessi e le loro esistenze. Il figlio maggiore è Israele, che ha da sempre servito il Signore, tuttavia non si è lasciato convertire, non riuscendo a cogliere un tratto essenziale dell’identità divina. La parabola rimane aperta, poiché non sappiamo quale sarà la scelta del figlio maggiore.