«La via pulchritudinis», cioè la via della bellezza, è una «forma privilegiata per l’evangelizzazione». Lo ha detto mons. Rino Fisichella, pro prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, sezione per le Questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo, nella sua conferenza sul tema “Arte, forma di evangelizzazione”, tenuta nell’antica chiesa conventuale durante la prima “Giornata di spiritualità per gli artisti, gli sportivi e i professionisti della comunicazione”, che si è svolta ieri pomeriggio a San Giovanni Rotondo, organizzata dai frati minori cappuccini.

L’intervento di mons. Fisichella è stato preceduto da un’introduzione di fr. Francesco Dileo, rettore del Santuario di san Pio da Pietrelcina, e dai saluti di fr. Maurizio Placentino, ministro provinciale della Provincia religiosa di Sant’Angelo e Padre Pio, del sindaco della città Michele Crisetti e di padre Franco Moscone, arcivescovo di Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo.
«L’arte, in tutte le sue manifestazioni, permette di dare voce all’esperienza della bellezza come forma originaria dell’animo umano e come principio di trasformazione della stessa esistenza personale. La bellezza svela l’uomo all’uomo e gli rende nota nello stesso tempo l’enigmaticità e la grandezza del suo essere nel mondo», ha spiegato l’Arcivescovo pro prefetto della Santa Sede, che poi ha aggiunto: «Ritengo, in questo contesto, che la via della bellezza possa essere una strada da percorrere per restituire speranza ai tanti che ancora sentono il desiderio, la nostalgia e l’esigenza della fede». Quindi mons. Fisichella ha posto due domande: «Dinanzi all’ubriacatura generalizzata del mondo contemporaneo, possiamo pensare che la “bellezza” potrà salvare la Chiesa e restituire forza speculativa alla teologia? Alla stessa stregua potremmo domandarci: il mondo e la Chiesa saranno in grado di salvare la bellezza?». Due domande a cui è difficile dare una risposta, visto che «quanto si sta verificando sotto i nostri occhi, soprattutto nelle metropoli, sembra essere piuttosto il degrado, conseguente alla debolezza del pensiero, che rende opaca la bellezza ereditata, impedendo di produrre nuova bellezza. Una simile situazione porta solo decadimento della cultura e della vita sociale e personale». Da questa analisi, scaturisce la necessità di ricordare ai credenti «la responsabilità di essere annunciatori della bellezza, e fare della bellezza lo strumento del loro annuncio di Cristo al mondo di oggi».

Alla prima relazione è seguita quella di padre Luciano Lotti, segretario generale dei Gruppi di preghiera di Padre Pio, che ha raccontato le tre più importanti conversioni ottenute dal mistico Frate tra i tanti personaggi dello spettacolo che sono giunti a San Giovanni Rotondo per incontrarlo: Carlo Campanini, Erminio Macario e Beniamino Gigli. Il primo, dopo aver cambiato vita, ha trascorso gli ultimi anni della sua esistenza testimoniando le meraviglie operate dal Signore attraverso il suo Padre spirituale, con conferenze e interviste. Inoltre, ha chiesto e ottenuto di essere seppellito nel cimitero della città garganica per restare per sempre vicino al Cappuccino che lo ha aiutato a lasciare la strada del peccato. Macario, venuto per chiedere l’intercessione di Padre Pio per risollevare le sorti di uno spettacolo che non andava bene, ricevette una risposta strana: «Dio ti premierà due volte». In effetti, ottenne due grazie dal Signore: il ritorno del successo e la dichiarazione di nullità del suo matrimonio, che gli permise di sposare la donna che amava e con cui condivise il resto della sua vita. Gigli, dopo essere stato scosso da parole forti del Frate carismatico, che giocò con il suo nome per fargli capire che la sua vita non rispecchiava la purezza del candido fiore, tornò alla fedeltà coniugale e divenne frequentatore abituale di San Giovanni Rotondo, allietando spesso Padre Pio con la sua voce da tenore. Padre Luciano ha, quindi, spiegato che il suo santo Confratello tollerava di avere accanto anche persone con una moralità discutibile, per poter seminare nei loro cuori il germe della fede, aspettando con pazienza il momento della conversione, che è sempre un dono di Dio.

Quasi in continuità con il racconto di queste esperienze, durante l’omelia della Messa, da lui presieduta subito dopo nel santuario di Santa Maria delle Grazie, mons. Fisichella ha preso spunto dal Vangelo del giorno per affermare: «La cosa più importante davanti a Dio non è la Legge, ma ogni singola persona. L’uomo che ha sbagliato, che sta sbagliando, è un uomo che ha bisogno di Dio, che può riprendersi, che può rialzarsi. C’è uno sguardo particolare, singolare di Dio su ognuno di noi. Uno sguardo del suo amore e della sua misericordia».

gli arcivescovi Franco Moscone e l’emerito di Lecce Domenico D’Ambrosio
L’iniziativa si è conclusa con un momento di preghiera, presieduto da fr. Luciano e svoltosi nella chiesa inferiore di San Pio da Pietrelcina, che custodisce l’insigne reliquia del corpo del Santo, durante il quale alcuni frati si sono resi disponibili per le confessioni e per incontri personali, in un’atmosfera di commosso raccoglimento.