Tra i contributi offerti all’analisi, quello di mons. Jozef Michalik, vescovo polacco, che, parlando del futuro dell’integrazione, ha citato Robert Schuman, ministro francese tra i padri della Cee: “Se l’Europa non ritroverà la propria coscienza e la consapevolezza della propria, se non ritornerà ai principi cristiani di solidarietà e di fraternità, essa non sopravviverà e non si salverà”. Michalik ha commentato: “Noi serviamo l’Europa con la nostra riflessione e la nostra cura per le sue sorti, ma bisogna che la serviamo anche con la nostra preghiera, perché il vuoto esistenziale e spirituale che osserviamo sul nostro continente può portare lentamente alla sua scomparsa, a motivo della mancanza di grandi idee e di solidi fondamenti morali”.
Tra le relazioni di particolare interesse quella di Marta Cartabia, docente di diritto e giudice della Corte costituzionale in Italia, che si è interrogata su chi è l’uomo della crisi e da dove affrontarla. La giurista ha sostenuto che: “Il tempo della crisi è il tempo della persona e la crisi potrebbe quindi rivelarsi tempo propizio per andare alla profondità dell’esperienza umana”. Per una “nuova rinascita occorre che sia fra l’altro salvaguardata e praticata un’autentica libertà religiosa”, intesa “non come mera libertà di culto e di coscienza, ma come libertà dell’uomo di vivere ed esprimere appieno il suo senso religioso e dunque di imprimere al suo rapporto con la realtà e ai suoi rapporti umani, una spinta ideale, generando così germogli di vita nuova”. Gli altri temi affrontati durante i giorni dell’Assemblea hanno riguardato le discriminazioni subite dai Cristiani in Europa e nel mondo e alcune considerazioni sul 50° del Concilio Vaticano II.