Arroccato a circa 900 metri di altezza, sulle montagne dell’Abruzzo, sorge il comune di Cocullo, un paesino di appena 200 abitanti, circa, caratterizzato da un’atmosfera quasi surreale, tra caratteristiche viuzze tortuose, archi e case abbandonate. Il silenzio e la routine di questo piccolo paese, che lotta contro lo spopolamento, si rompono, ogni anno, in occasione della festa di San Domenico Abate e dell’antico rito dei Serpari. La piazza principale e le vie del borgo vengono letteralmente invase da migliaia di curiosi e fedeli che raggiungo da ogni parte d’Italia, e non solo, il paesino abruzzese per assistere a uno dei riti più caratteristici e suggestivi del nostro Paese. La storia di San Domenico si intreccia con quella dei Serpari perché al Santo taumaturgo, vissuto nel Medioevo, è attribuita, fin dall’antichità, la capacità di proteggere l’uomo dal morso dei serpenti velenosi e di altri animali rabbiosi. A Cocullo il Monaco benedettino passò intorno all’anno mille e a quell’epoca risalgono diversi miracoli attribuiti al Santo, tra i quali l’aver salvato un bambino dalle grinfie di un lupo e diversi abitanti del posto dal morso delle vipere velenose, già allora molto numerose nella zona. Così da secoli i Cocullesi rendono omaggio a san Domenico attraverso questo antico rito che vede riporre sulla statua del Santo, all’inizio della processione, il primo maggio di ogni anno, i serpenti catturati nelle settimane precedenti, come omaggio e ringraziamento. Sul finire della stagione fredda, quando il calore della primavera comincia a svegliare la terra, i Serpari si avventurano sulle colline che circondano il paesino per andare alla ricerca delle serpi da catturare. A Cocullo ci sono Serpari di tutte le età, giovani, anziani, che praticano e tramandano le antiche tecniche di cattura. La ricerca e la cattura delle serpi non è una pratica così facile, la maggior parte delle volte, infatti, dopo aver battuto palmo a palmo la campagna, si rischia di ritornare a casa a mani vuote. La piazza principale è il luogo dove sostano i Serpari il giorno della festa e dove, in attesa della processione, esibiscono orgogliosamente i vari tipi di serpenti che sono riusciti a catturare. I tanti fedeli e curiosi si avvicinano, pur con qualche timore, per cercare il contatto con questi animali e farsi immortalare con fotografie e video. A mezzogiorno inizia la processione: il Santo esce dalla chiesa portato a spalla, una volta fuori dalla chiesa la statua viene abbassata, i Serpari si avvicinano e poggiano delicatamente i serpenti intorno al Santo, che si avvolgono e si intrecciano intorno alla statua come in una danza. Ai lati della statua due ragazze, in costume tradizionale, portano sulla testa i canestri contenenti cinque pani sacri, i cosiddetti “ciambellani”, che, in ricordo di un miracolo compiuto dal Santo, verranno offerti ai portatori del simulacro e dello stendardo. La processione passa, poi, in mezzo alle vecchie case, tra la folla dei curiosi e fedeli. Tra i vari patronati attribuiti a san Domenico, oltre alla difesa contro il morso dei serpenti, c’è anche la protezione contro il mal di denti, per questo, la mattina della festa, nella chiesa a lui dedicata, i fedeli tirano con i denti una catenella, come rito per mantenere i denti stessi in buona salute. Alcuni fedeli si mettono, poi, in fila per raccogliere la sabbia benedetta che verrà sparsa nei campi per allontanare gli animali nocivi. A Cocullo sono conservate due reliquie del Monaco benedettino: un dente molare e il ferro della sua mula. La reliquia del dente viene portata in processione insieme al Santo. Dopo aver attraversato il paese la statua di san Domenico viene riportata nella Chiesa e i serpenti catturati per la festa vengono rilasciati nel luogo esatto dove sono stati trovati.
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