È morto oggi, a Cracovia, all’età di 97 anni, il filosofo polacco Andrzej Poltawski. Nato a Varsavia il 22 febbraio 1923, attivista della resistenza polacca durante la seconda guerra mondiale, divenne membro dell’esercito nazionale (AK) e partecipò alla rivolta di Varsavia. Non fu solo filosofo esperto di etica, ma anche antropologo e specialista in fenomenologia, in filosofia cristiana, nel personalismo enella teoria della conoscenza .

Dal 1947 la sua vita si era legata indissolubilmente, dinanzi al Signore, con la psichiatra Wanda Wojtasik Poltawska, che poi divenne una delle più strette collaboratrici di Giovanni Paolo II, soprattutto nelle iniziative a sostegno della famiglia tradizionale e della vita, dal suo concepimento al suo termine naturale. Iniziative alle quali spesso collaborava anche il marito Andrzej. Entrambi, infatti, durante il Pontificato di Papa Wojtyla, sono stati componenti della Commissione Pontificia della Famiglia. Dal loro matrimonio sono nate quattro figlie.
Nel 1962 la vita di Wanda – e di conseguenza quella del marito – si intrecciò con quella di Padre Pio. All’inizio di ottobre di quell’anno, quando mons. Karol Wojtyla, vescovo ausiliare di Cracovia, si recò a Roma per partecipare alla prima sessione del Concilio Vaticano II, la donna era tormentata da dolori notturni intermittenti. Lui la sosteneva con preghiere e continue esortazioni epistolari: «Fai come dicevi, l’importante è non ritardare ciò che è necessario. La tua salute è molto necessaria per molti, soprattutto per coloro che ti sono più cari. Tra questi mi metto anch’io».
La diagnosi arrivò nell’ultimo giorno del mese. La collega dottoressa, che aveva eseguito l’esame clinico, le disse che nell’ultimo tratto del colon c’era «un’infiltrazione dura, con ulcerazione», che «potrebbe essere infiammatoria e non necessariamente un tumore». Wanda, da medico, analizzando i suoi sintomi, scartò subito l’ipotesi dell’infiammazione e comprese anche che il cancro le avrebbe consentito di vivere ancora «due, al massimo tre anni». Reagì con una sorprendente «tranquillità», turbata solo dal pensiero che le sue quattro figlie erano ancora delle bambine. Accettò di sottoporsi all’intervento, che si prospettava con esiti invalidanti. Lo fece per la sua famiglia. Ma anche perché pensava tra sé: «Ho compiuto quarantuno anni di vita. Tanto, ma poco per morire».

Non disse niente a nessuno. Nemmeno al marito Andrzej. Glielo scrisse solo all’amico vescovo, che la incoraggiò ad attuare quanto già deciso: «Desidero mobilitarti, come posso, a lottare per la tua salute e la tua vita». E, quasi a voler mettere alle sue parole il sigillo di Dio, aggiunse: «Quanto scrivo emerge dalla preghiera». Questa volta, però, mons. Wojtyla non si limitò ad assicurarle le sue invocazioni al Signore e promise: «Chiedo e chiederò ad altri di farlo». Infine, la esortò a condividere quel “segreto” con il marito. Wanda obbedì. Ne parlò con Andrzej, che scoppiò in un lungo pianto. Quindi andò a parlare con il chirurgo, col quale fissò anche la data dell’intervento. Due giorni prima del ricovero in ospedale, sabato 17, fu sottoposta ad ulteriori esami.
Nello stesso giorno, il vescovo ausiliare di Cracovia mantenne la promessa. Scrisse una lettera a Padre Pio, dopo aver trovato il modo per fargliela recapitare, in cui chiedeva «di rivolgere una preghiera per una madre di quattro figlie, di quarant’anni, di Cracovia in Polonia, (durante l’ultima guerra in campo di concentramento in Germania), ora in pericolo gravissimo di salute e della vita stessa per un cancro: affinché Dio per intercessione della Beatissima Vergine mostri la sua misericordia a lei e alla sua famiglia». Affidò quelle poche righe all’antico compagno di seminario, mons. Andrzej Maria Deskur, in servizio presso la Santa Sede, che la fece giungere al destinatario attraverso il commendator Angelo Battisti, dattilografo del Santo Ufficio e, contemporaneamente, amministratore di Casa Sollievo della Sofferenza. Il giorno dopo, la missiva giunse nelle mani del Cappuccino stigmatizzato, che commentò: «A questo non si può dire di no». Poi pregò Battisti «di assicurare che avrebbe tanto pregato per questa mamma».

Il 22 novembre, poco prima di entrare in sala operatoria, Wanda subì l’ultima rettoscopia che, a differenza delle precedenti, non le procurò alcun dolore. Presto quel fenomeno ebbe una spiegazione: «L’ulcerazione è scomparsa, non c’è, è rimasta solamente la mucosa leggermente arrossata. Non ci sarà nessuna operazione, il restringimento è scomparso». La paziente rimase sbalordita e incredula, ma dovette arrendersi dinanzi alla conferma che le arrivava dal suo corpo: anche le fitte lancinanti, che la tormentavano da settimane, erano cessate.

Tempestivamente Andrzej inviò un telegramma a Roma per comunicare l’inattesa evoluzione a mons. Wojtyla che, in una pausa dei lavori del Concilio, il 28 novembre, riprese in mano carta e penna e scrisse una seconda lettera al Cappuccino di San Giovanni Rotondo: «Venerabile Padre, la donna di Cracovia in Polonia, madre di quattro figlie, il giorno 21 novembre prima dell’operazione chirurgica istantaneamente ha riacquistato la salute grazie a Dio e anche a Te Padre Venerabile rendo il più grande grazie a nome suo, di suo marito e di tutta la famiglia».

La donna, intanto, non aveva il coraggio di dire, neppure a se stessa: «Questo è un miracolo». Anzi, cercava di allontanare un tale pensiero, che le faceva paura. Aveva «il timore della divina onnipotenza e delle conseguenze dell’amore di Dio» e si chiedeva: «Che ne sarà di me in futuro?». Poi, quasi a voler cercare una spiegazione per l’accaduto, si ripeteva: «Io non ho pregato per la salute, non sono io che ho pregato per questo!». Così, notte dopo notte, aspettò che le tornassero i dolori. Ma non arrivarono, mentre l’angoscia cresceva. Andrzej, invece, era felicissimo e non riusciva a comprendere i sentimenti della moglie. Le diceva: «Gioisci», ma lei replicava: «Non riesco a gioire, non sono abbastanza matura per accettare il miracolo. Ho paura. Ho paura dell’avidità dell’Amore di Dio».
Per un approfondimento: https://lanuovabq.it/it/poltawska-la-paladina-anti-aborto-e-il-triste-compleanno