Si doveva arrivare all’indipendenza del Kosovo in un altro modo. Le Acli(Associazioni cristiane lavoratori italiani) danno un giudizio positivo sulla decisione del Governo italiano, ma con riserva.
“Negare il riconoscimento ora sarebbe stato un tradimento delle promesse -afferma il presidente Andrea Olivero– perché la nascita della Repubblica del Kosovo è stata vissuta con grande attesa dalla popolazione. Il modo in cui ci si è arrivati però non è stato il migliore: con una dichiarazione unilaterale, di fatto decisa e sostenuta da parti di rilievo della Comunità Internazionale, ma senza una assunzione di responsabilità formale e politica in merito e senza arrivare a nessun tipo di accordo con la Serbia. Il difficile arriva adesso: il nuovo Stato dovrà dimostrare che l’identità kosovara non coincide con l’identità etnica kosovaro-albanese e che tutti gli abitanti hanno pari dignità e diritti”.
Le Acli sono presenti in Kosovo(Prizren e zona sud-occidentale del territorio) dal 1999, con l’ organizzazione non governativa Ipsia (Istituto per la Pace, lo Sviluppo, l’Innovazione). In questo momento è attivo uno sportello informativo, per facilitare l’integrazione degli emigranti kosovari in Italia, ed un progetto per i bambini delle scuole primarie, a Bresane e a Klina.
“La Comunità internazionale e l’Europa in particolare dovranno riuscire -conclude Olivero- ad assumersi la responsabilità di accompagnare questo cambiamento. Finora la reazione in ordine sparso dell’Unione europea è stata assolutamente deludente, ma stavolta l’Europa non potrà permettersi di abdicare, di rinunciare al suo ruolo. Serbia e Kosovo potranno ritrovare un’unità più grande all’interno di un’Unione capace di far valere i diritti dei popoli e di ciascuna minoranza. L’Italia può e deve svolgere in questo un ruolo determinante”.
Benedetto XVI, ricevendo oggi l’ambasciatore serbo, ha chiesto a tutte le parti interessate di agire con prudenza e moderazione, e di cercare soluzioni che favoriscano rispetto reciproco e riconciliazione.