Nello splendido porticato gotico della Ca’ d’Oro sul Canal Grande è stata inaugurata il 18 aprile – in contemporanea con l’apertura della Biennale d’Arte di Venezia – la Mostra “Naufragi – Approdi” dell’artista italo-brasiliano César Meneghetti e degli artisti dei Laboratori d’Arte della Comunità di Sant’Egidio. La Mostra è stata curata dal Prof. Alessandro Zuccari, ordinario di Storia dell’arte moderna a La Sapienza di Roma. “La Mostra – ha spiegato Zuccari durante l’inaugurazione – nasce dalle riflessioni che gruppi di artisti con disabilità (formatisi nei Laboratori d’Arte di Sant’Egidio, ndr.) hanno elaborato e condiviso con Meneghetti sui viaggi dei migranti e sulla tragedia dei tanti che hanno perso la vita cercando di raggiungere l’Europa: nomi, storie, cifre”.

Solo nel 2023 sono stati 3.129 i bambini e gli adulti che, fuggendo da guerre, povertà ed emergenze climatiche, sono morti nel Mediterraneo e lungo la rotta balcanica. A commemorarne il ricordo ci sono le 3129 barchette di carta poggiate sul pavimento della Ca’ d’Oro. Tra quelle di colore bianco – che rievocano gli adulti morti nel tentativo di arrivare in Europa – ci sono anche 130 barchette rosse, più piccole, a ricordo dei bambini che hanno condiviso con gli adulti questo tragico destino. A far da sfondo a questa flotta di fragili barchette che fanno ritornare in mente le opere di altri grandi artisti contemporanei quali Riccardo Gusmaroli e Frank Bölter, c’è la video installazione di Meneghetti: un mare digitale, fluttuante, plumbeo in cui scorrono ininterrottamente i nomi di 240 migranti. Sono quelli che la Comunità di Sant’Egidio è riuscita a ritrovare a fronte dei restanti 2889 di cui si è persa memoria.
Oltre alle 3129 barchette realizzate per l’esposizione, gli artisti disabili dei Laboratori di Sant’Egidio hanno creato anche barchette di carta con su scritti pensieri che vengono offerte ai visitatori. Sono per lo più riflessioni fatte nelle riunioni dei Laboratori durante i lunghi tempi di preparazione delle opere esposte in Mostra e che riguardano i temi delle fragilità e delle diseguaglianze e quelli dell’accoglienza e dell’ integrazione.

L’opera prima è “adagiata” sullo splendido pavimento marmoreo dell’atrio della Ca’ d’Oro che si ispira alle pavimentazioni medievali delle basiliche della laguna veneta. Esso fu costruito dal barone Giorgio Franchetti che acquistò il palazzo sul finire dell’Ottocento e dopo uno scrupoloso restauro, lo donò allo Stato Italiano che lo trasformò in Museo. Nella Galleria Franchetti che occupa i due piani elevati dell’edificio sono collocate le opere d’arte raccolte dal barone nel corso della sua vita. Fra queste il dipinto di maggior pregio è un San Sebastiano di Andrea Mantegna, un’opera tormentata e intensamente espressiva dove diventa assoluto il dramma della sofferenza.

Inconsapevolmente il Mantegna, nel realizzare in modo magistrale l’immagine di un uomo che soffre atrocemente e suscita pietà e compassione, è vicino a tutti coloro che soffrono a causa dei mali del mondo. E anche il cartiglio appeso ad una candela spenta posta vicino ai piedi di San Sebastiano che recita “Nil nisi divinum stabile est, caetera fumus” (Niente è permanente se non divino. Il resto è solo fumo) sembra richiamare la fragilità dell’essere umano e di quelle migliaia di migranti a cui non è stata offerta la speranza di una vita migliore.

A completare la Mostra vi sono altre due opere da menzionare: Marianna Caprioletti (artista disabile di Sant’Egidio) “rivisita” la “Zattera della Méduse” di Thédore Géricault, un dipinto ad olio di un famoso pittore romantico francese che ritrae il naufragio della fregata Méduse avvenuto nel 1816 davanti alle coste dell’attuale Mauritiana. Oltre 250 persone si salvarono grazie alle scialuppe mentre le rimanenti 150, la ciurma, dovettero essere imbarcate su una zattera di fortuna, e di questi, soltanto 15 si salvarono. La Caprioletti propone una parodia grafica del quadro francese reinterpretando il naufragio in chiave attuale di barconi e caicci che scompaiono in mare portandosi via le speranze di un’umanità fragile e sofferente. L’altra opera degna di menzione raffigura l’approdo, in contrasto con il naufragio, ed è frutto del lavoro di un altro artista dei laboratori di Sant’Egidio, Roberto Mizzon. Il suo trittico è dedicato ai Corridoi Umanitari, un programma attivato da Sant’Egidio in collaborazione con la Federazione delle Chiese Evangeliche, la Tavola Valdese e CEI-Caritas, grazie al quale sono “approdati” in sicurezza e legalmente in Europa oltre 7000 profughi (prevalentemente siriani, afgani e pakistani) provenienti da Libano, Etiopia, Grecia, Cipro, Libia e Pakistan.

La Mostra che ha ricevuto il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri brasiliano, dell’IGR (Istituto Guimarães Rosa), dell’Ambasciata del Brasile a Roma e della Università La Sapienza di Roma rimarrà aperta fino al 15 settembre e potrà essere visitata da tutti gli amanti dell’arte che si recheranno nella città lagunare in occasione della 60ma Biennale.