Ha assunto anche un duplice significato di fratellanza umana e di etica sociale la Messa crismale, presieduta questa sera nella cattedrale di Manfredonia gremita di fedeli dall’arcivescovo Franco Moscone. Gli oli santi da lui benedetti (crismale, dei catecumeni e degli infermi) sono stati ottenuti da una miscela di olio locale, offerto dalla parrocchia di Santa Maria delle Grazie di Vieste, e di quello giunto dalla Sicilia e ottenuto da olivi coltivati nell’area in cui, 30 anni fa, è avvenuta la strage di Capaci. Lo ha annunciato lo stesso Arcivescovo all’inizio della Celebrazione, esprimendo anche la sua solidarietà e la comunione nella preghiera con i 67 lavoratori della DOpla, azienda locale che rischia la chiusura, e le loro famiglie.
Durante l’omelia padre Franco, pastore dell’Arcidiocesi in cui ha svolto il suo ministero sacerdotale Padre Pio, ha evidenziato che questa particolare liturgia torna nel suo luogo proprio, la cattedrale, dopo gli anni segnati dalla pandemia e dalla guerra fra Russia e Ucraina, in cui «ci siamo scoperti fragili, bisognosi gli uni degli altri, indipendentemente dalla condizione economica e sociale, sulla stessa barca, in balia della tempesta». Per questo, il Presule ha inviato a portare, idealmente, come offerta all’altare «il grido, l’urlo di pace, che sale dai fratelli e delle sorelle provati dalla guerra», per «rinnovare l’alleanza con Dio».
L’Arcivescovo ha, quindi, inviato tutti i battezzati e, in particolare, i sacerdoti ad osservare il secondo comandamento e ad astenersi dalla più grave delle bestemmie, che si concretizza quando «l’io si sostituisce a Dio e cancella il noi e diventa un idolo».
Infinite padre Franco ha esortato a trasfigurare quattro parole: «carriera», perché «la via che Gesù ci propone non è quella dell’arrivismo, ma del servizio»; «avversario», perché «il discepolo di Gesù vede davanti a sé non oppositori, ma volti di fratelli e sorelle, figli di un Dio che si è fatto uno di noi»; «nemico», perché tale parola rappresenta una «vera bestemmia» e «Gesù ci chiede di curare questa bestemmia attraverso la preghiera», in quanto «attraverso la preghiera sentiamo la necessità di chiamarci per nome e scopriamo la comune chiamata alla santità»; «straniero», perché «Dio, padre di tutti, ha creato l’umanità una e indivisa, ma anche plurale» e perché dobbiamo acquisire la consapevolezza che «siamo tutti stranieri e forestieri in questa terra, in quanto emigranti verso la Gerusalemme celeste». In tale prospettiva «non ci sarà più nessuno considerato straniero nella Casa comune dello stesso Padre».