Una foto che ha fatto il giro del mondo ed è diventata il simbolo delle tragedie della guerra in Siria. Lo scatto del fotografo turco Mehmet Aslan, che ha vinto il Siena International Photo Award, ritrae un bambino siriano di 5 anni, nato senza braccia e gambe, immortalato sorridente con il padre, mutilato di una gamba. Dietro quello scatto la storia di una famiglia che con la guerra ha perso tutto: Muznir e sua moglie si trovavano nel bazar di Idlib nel 2016 quando esplose una bomba sganciata dagli aerei del regime di Assad. L’uomo perse la gamba destra rimanendo ferito in modo grave mentre la madre, che all’epoca era incinta di Mustafa, respirò il gas nervino sprigionato dagli ordigni con conseguenze irreparabili per il feto. Il bambino nacque affetto da tetramelia (privo cioè dei quattro arti). Tre anni dopo la famiglia fuggì, come altre centinaia di migliaia di rifugiati, nel sud della Turchia, a ridosso del confine siriano. Oggi la svolta, il piccolo Mustafa, sua madre, suo padre e le sue sorelline sono arrivati in Italia, accolti dalla Diocesi di Siena-Colle di Val D’Elsa-Montalcino, ospitati in un appartamento messo a disposizione dalla Caritas diocesana e potranno vivere in Italia finché vorranno.
Don Vittorio Giglio, responsabile dell’ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi, ospite del programma Just Today, ci ha raccontato del loro arrivo: «Sono arrivati molto stanchi ma nonostante la stanchezza c’era nei loro volti una luce e un gioia molto grande. È stato un momento molto emozionante. Già all’arrivo a Roma il piccolo Mustafa ha chiesto quando avrebbe avuto le sue gambe».
Fra qualche giorno Mustafa e suo padre partiranno alla volta di Budrio, in provincia di Bologna, per essere seguiti dall’équipe del Centro Protesi Vigorso dell’Inail: potranno essere ridate le gambe artificiali al bambino e al padre che saranno anche sottoposti a specifiche terapie.
«Il percorso – ha spiegato don Vittorio – sarà abbastanza complesso, soprattutto per il piccolo Mustafa, infatti abbiamo già creato un tavolo di lavoro proprio per accompagnarli in questo cammino, sicuramente impegnativo. Il nostro scopo sarà anche quello di inserire e integrare questa famiglia nell’ordinarietà della vita e su questo si è attivata una grande rete di supporto. Tutta la comunità – ha concluso don Vittorio – sta mostrando tanta attenzione e tanta vicinanza, possiamo davvero dire che Mustafa ora è figlio di tutti».