Il dolore, la vicinanza pastorale e spirituale del Papa
Papa Francesco a distanza di diverse settimane si è reso nuovamente presente nella diocesi di Manfredonia Vieste e San Giovanni Rotondo esprimendo sentimenti di “dolore e vicinanza pastorale e spirituale“. Lo ha detto il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di Sua Santità, durante l’omelia della Messa Esequiale di S. Ecc. Mons. Michele Castoro. Il Papa, ha voluto “rendersi presente in questa dolorosa circostanza e mi ha incaricato espressamente – ha sottolineato Parolin – di esprimere il suo dolore per la scomparsa di Mons. Castoro” e la sua vicinanza pastorale e spirituale “a quanti lo piangono”.
Una bara di legno chiara, il vangelo e il pastorale
Una bara di legno chiaro al centro della Chiesa di San Pio, il vangelo aperto con il pastorale poggiato sopra. Al funerale di S. Ecc. Mons. Michele Castoro hanno partecipato in tanti: vescovi, personale della Casa Sollievo, confratelli di Padre Pio, gruppi di preghiera, clero diocesano, religiosi e religiose, parrocchie della diocesi, autorità civili, militari, parenti e amici. Negli occhi di ciascuno era possibile scorgere emozione unita a commozione nel vivere l’ultimo saluto per il pastore della Diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo. “Sì, fratelli e sorelle, piangiamo pure, perché è umano piangere” – ha ribadito Parolin – ma, tra le lacrime, fissiamo il nostro sguardo sulla promessa ascoltata nel libro dell’Apocalisse”. È questa la promessa di fede che ha accompagnato e sostenuto il vescovo Michele: “Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, ne lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate. E colui che sedeva sul trono disse: Ecco, io faccio nuove tutte le cose”.
La chiesa, che per nove anni ha visto l’arcivescovo presiedere l’Eucaristia, oggi ha fatto da scenario della sua Messa Esequiale. La chiesa di San Pio era gremita di fedeli. A questi si aggiungono quanti, non hanno potuto raggiungere San Giovanni Rotondo ed hanno seguito in diretta televisiva, attraverso Padre Pio TV, sul canale 71 per la Puglia e sul canale 145 sul digitale terrestre nazionale, al canale 852 di Sky, la Santa Messa.
Anche i Pastori sono pecorelle del gregge del Signore
I pastori della chiesa, prima ancora di essere tali, sono pecorelle del gregge del Signore: “per voi sono Vescovo – diceva Sant’Agostino – con voi sono cristiano”. Come tutte le pecorelle, ha ricordato il Segretario di Stato, “anche i Pastori della Chiesa sono da Lui presi sulle spalle per essere portati al di là della valle oscura della morte”. Ed è quello che è successo anche per “il nostro carissimo Padre fratello, l’arcivescovo Michele Castoro, che, legato sulle spalle del Cristo buon pastore, qualche giorno fa è passato alla sponda dell’eternità”. Ci fa bene pensare a questo, soprattutto, perché queste cose “lui le ha credute, vissute, insegnate e testimonianze” durante tutta la sua vita.
La fede era diventata per lui vita nel senso più profondo
Il cardinale dopo aver tratteggiato la vita di Mons. Michele Castoro si è soffermato sull’ultima fase del suo cammino terreno. Una fase segnata dalla malattia che ha avuto il sopravvento sul suo fisico. “Davvero la Fede era diventata per lui vita nel senso più profondo” ha evidenziato Parolin. Davvero “era riuscito a realizzare fino in fondo la consegna del suo motto: “In nomine Iesu”. Mons. Castoro spesso ripeteva: “sono pronto e grato a Dio Padre per il dono della splendida famiglia, del sacerdozio, del lungo periodo trascorso al servizio della Santa Sede e del ministero di pastore“. Le testimonianze di chi l’ha avvicinato in questo periodo o l’ha accompagnato da vicino nella sua tribolazione “sono unanimi e piene di ammirazione”. Il suo volto, “sempre amabile e sorridente, continuava ad emanare abbandono in Dio, serenità e pace”. Per tutti aveva parole di “ringraziamento e di benedizione”. Dava prova di grande “generosità e solidarietà”
Edificato dall’esempio di Mons. Castoro
Il cardinale ha voluto così raccontare un ricordo personale: “anch’io, che avevo avuto la possibilità di conoscerlo e trattarlo soprattutto per il ruolo da lui svolto presso la Casa Sollievo della Sofferenza e ne avevo apprezzato la finezza d’animo, mitezza e la mansuetudine, il coinvolgimento e la dedizione all’opera e l’impegno ad assicurarne, oltre alla solidità, la ferita allo spirito del fondatore, in questi ultimi tempi sia in qualche incontro personale che attraverso alcune telefonate, sono stato edificato dal suo esempio“.
Mons. Castoro aveva una fede granitica
Anche la sua “sposa”, la chiesa di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, è stata “edificata dalla sua fede granitica“. I suoi anni di episcopato sono stati “fecondi”. Ha saputo anzitutto “intelligere”, cioè “cogliere dentro” e “stabilire relazioni” con tutti, incarnando quella dimensione della vicinanza che Papa Francesco considera indispensabile per le CC per l’esercizio efficace del ministero sacerdotale.
La sua infermità è stata una feconda esperienza spirituale
La sua infermità “è stata tutta concentrata sul ministro della Croce” che è la manifestazione più grande dell’amore di Dio, e sulla consapevolezza che, unendo le sue sofferenze a quelle di Cristo, esse sarebbero diventate “fonte di luce e di redenzione per sé e per gli altri”. Per l’intera comunità diocesana e per la sua famiglia si è trattato di una feconda esperienza spirituale, che ha favorito nel clero, in maniera particolare, una rinnovata fraternità sacerdotale in comunione con il Pastore sofferente.
Ci affidiamo alla sua preghiera
Al termine dell’omelia il cardinale ha così concluso: “Ci affidiamo alla sua preghiera, affinché la stessa fede, lo stesso amore, le virtù che tanto lo hanno fatto stimare e amare in tutti gli ambienti dove è passato, siano in noi e crescano in noi, come singoli e come comunità civile e religiosa… A Maria, Madre nostra celeste, a San Michele arcangelo, a Padre Pio e a tutti i santi e le sante del cielo lo affidiamo“.
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