Si riaffaccia l’incubo Brigate Rosse: a quasi un anno dall’omicidio di Marco Biagi, gli inquirenti vedono ancora nel ministero del Welfare l’obiettivo terrorista, che sembrerebbe dirigersi verso il sottosegretario Grazia Sestini.
Come si sente?
“Bene, bene. Mi sento tranquilla. Le condizioni della nostra vita sono determinate da una saggezza che non è la nostra. E’ vero che da ieri c’è una particolare attenzione sulla mia persona, ma agli inquirenti va lasciato fare il proprio lavoro. Non credo però di essere stata l’obiettivo di questa azione dei terroristi.”
Da che cosa lo deduce?
“L’eversione si è concentrata sul Ministero del Lavoro, ma io di fatto mi occupo d’altro: minori, handicap, anziani…non credo di essere esposta su quel fronte.”
Da quanto tempo era stata avvertita del rischio?
“Dopo l’omicidio Biagi tutti noi del welfare, sottosegretari, quadri, dirigenti, abbiamo avuto, con diversa intensità, forme di protezione: ci eravamo abituati ad essere obiettivo dei terroristi, perché parte in causa di tutti i contrasti sociali, che si sono sviluppati in Italia, non da ora, ma dai governi precedenti. Più che la pressione esterna, era una convivenza sotto protezione, che però non ha inciso né nel lavoro né, più di tanto, nella nostra vita privata.”
E nelle ultime ore?
“Nelle ultime ore ho obbedito alla richiesta del questore di Arezzo di rimanere in casa per il cambiamento delle misure di sicurezza. Ho grande fiducia nel lavoro degli investigatori, e credo che bisognerà stare molto vicini alla polizia, alla famiglia dell’agente ucciso; questo è anche il momento del cordoglio.”
Si sta avvicinando l’anniversario dell’omicidio di Marco Biagi…
“Sì, è una delle tante coincidenze: l’anniversario, il fatto che io abito ad Arezzo…non so se siano coincidenze o dei fili che che poi qualcuno dovrà annodare.”
A proposito di anniversari legati alle BR: 25 anni dal rapimento di Moro. Che ricordi ha?
“Facevo l’università a Pisa, il primo anno. Pisa è una città da sempre legata a fenomeni di eversione di sinistra, contrariamente ad Arezzo che non ha mai avuto alcun legame con questo tipo di movimenti. Ricordo lo sgomento, ma anche una grande manifestazione di popolo che attraversò tutta la città. C’erano docenti, operai della Piaggio, studenti, casalinghe. Da lì abbiamo imparato anche come si reagisce a questi fenomeni: con la civiltà e la democrazia. E’ lo stesso metodo di oggi.”
Trova qualche somiglianza nel clima che si sta vivendo?
“Allora il clima era più caldo, o meglio, lo si vedeva di più: oggi probabilmente è più un fuoco che cova sotto la cenere. Esiste un terrorismo di casa nostra che purtroppo anche oggi dimostra di non aver nulla da invidiare al resto. D’altronde il nostro terrorismo rosso ha avuto contatti internazionali(ricordiamo i campi di addestramento in Cecoslovacchia e in Palestina). Non so se in questo momento si possono escludere a priori collegamenti: di fatto noi conosciamo i collegamenti con il clima di difficoltà economica e sociale che il paese sta vivendo.”
C’è anche un clima diverso, che lega le speranze di pace all’impegno spirituale…
“Da credenti c’è un’unica risposta: la preghiera perché il Signore conservi le nostre vite e sostenga il nostro impegno, oltre a dar riposo alle vittime e consolazione ai parenti. E’ un aspetto non disgiunto dalla nostra vita quotidiana, fatta essenzialmente di testimonianza. Ho sempre interpretato questo lavoro come una forma di carità, e la forma che il signore mio chiedeva per dare testimonianza al Suo nome”.
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