Un’ora di lavoro che cambia la vita è l’iniziativa promossa da Medicina e Persona un’associazione di operatori sanitari nata nel 1989 al fine di svolgere, in un momento di radicali cambiamenti e trasformazioni in ambito sanitario, un ruolo costruttivo rispetto alla realtà del lavoro.
Questa campagna, realizzata grazie alla collaborazione con l’Associazione Volontari per il Servizio Internazionale e l’Associazione Medici Cattolici Italiani, è rivolta all’Uganda, paese in cui sono tanti i medici impegnati in esperienze di lavoro missionario che li vede immersi in situazioni, soprattutto nel nord, assolutamente drammatiche. Infatti quasi vent’anni di guerra civile oltre a causare perdite in termini di vite, hanno fatto guadagnare all’Uganda il triste primato di qualcosa come 10.000 bambini al di sotto dei dodici anni rapiti dalle proprie famiglie per il triste fenomeno del cosiddetto “arruolamento forzato”.
Questi ragazzi vengono istruiti alla guerra venendo sottoposti ad atrocità in forme di iniziazione inenarrabili. Per i missionari operare in una simile situazione, dunque, diventa quasi impossibile essendo tra l’altro, il più delle volte, costretti a lasciare il territorio per motivi di sicurezza, con in più l’incognita di non potervi tornare anche per le difficoltà del mondo del volontariato nella fruizione di finanziamenti.
L’azione di sostegno di Medicina e Persona a favore degli ospedali ugandesi nasce da un duplice interesse, il primo legato all’aspetto di esperienza personale dei medici coinvolti, ma anche perché in Uganda è successo qualcosa che storicamente è molto importante: in un momento di crisi economica in cui la Chiesa cattolica gestiva infatti molte strutture sanitarie di cui 27 ospedali, 220 dispensari, 12 scuole per infermieri su un totale di 24 presenze in tutto il paese, c’era il rischio di una completa chiusura. L’arrivo del dottor Daniele Giusti, medico comboniano alla guida del servizio sanitario della Conferenza Episcopale Ugandese ha fatto sì che il rinnovo nel management nel settore evitasse la paventata chiusura arrivando addirittura a potenziare le realtà assistenziali presenti. Ciò è stato reso possibile anche grazie al fatto che rappresentando circa il 30-40% delle strutture sanitarie ci si è potuti presentare alla controparte, che nel caso specifico era rappresentata dal governo ugandese, facendo presente che una eventuale loro chiusura non sarebbe stata conveniente per nessuno. E questo ha portato alla conseguente decisione di stanziare parte dei finanziamenti a sostegno anche di queste opere. A fornirci i dati di questa operazione è il dottor Eugenio Cocozza, medico volontario anch’egli, che ci ha parlato di una cifra di 5 milioni di dollari stanziata dal governo ugandese a fronte di una spesa complessiva di 13 milioni l’anno.
Tutto ciò rappresenta inoltre una testimonianza del tener fede alla missione prestata da questi medici che è quella di “prendersi cura” e che viene prima di tutto il resto.
La campagna “Un’ora di lavoro che cambia la vita” si rivolge principalmente ai dipendenti ospedalieri e consiste nel cedere un’ora soltanto del proprio stipendio a sostegno di tutte le opere sanitarie missionarie, proposta che sta trovando ampio riscontro anche nei non addetti ai lavori. La documentazione relativa da presentare ai propri direttori generali è presente sul sito www.medicinaepersona.org.
Un’ora di gratuità di lavoro per capire che prima del lavoro stesso viene la persona.
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