Anche la malattia può diventare una “scuola di speranza”, afferma Benedetto XVI nel Messaggio per la XVIII Giornata Mondiale del Malato che si celebrerà l’11 febbraio 2010 sul tema: “La Chiesa a servizio dell’amore per i sofferenti”, in coincidenza con il 25° Anniversario di istituzione del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. Vi proponiamo alcuni stralci dell’intervista realizzata a don Andrea Manto, Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute della CEI con il quale ci siamo soffermati a riflettere su alcuni dei passaggi più salienti del messaggio del Pontefice.
Il Papa esorta a seguire l’esempio di Cristo, che nell’Ultima Cena “si è chinato a lavare i piedi agli Apostoli” e oggi invita tutti noi a chinarci sulle ferite del corpo e dello spirito di tanti nostri fratelli , così come fece il buon Samaritano.
Il nostro tempo, la nostra cultura, la nostra fretta quotidiana spesso, e purtroppo direi, rimuove la persona sofferente. L’idea stessa della sofferenza fa paura causando due rischi fondamentali. Prima di tutto si rischia di far soffrire ancora di più le persone, perché alla loro malattia e alla loro disabilità e sofferenza, anche spirituale, si aggiunge quella dell’emarginazione e dell’abbandono. Ma la nostra cultura crea anche un danno a se stessa rimuovendo l’idea della sofferenza. Far passare l’idea di una vita in cui tutto è semplice, tutto è facile….in cui non esistono limiti, in cui non esistono fatiche è rischioso. Perché? Perché quando qualcuno, purtroppo, vive l’esperienza del limite, della sofferenza, del dolore, del fallimento …si trova veramente spiazzato, disorientato e non capace di tirar fuori tutte quelle risorse che solo la vita sa dare nel momento della sofferenza. La vita ha una grande forza che il cristiano deve testimoniare nel proprio quotidiano così come ha fatto il buon Samaritano.
Nel suo Messaggio, Papa benedetto XVI, cita anche l’Enciclica “Spe Salvi”, affermando che la malattia può diventare una “scuola di speranza”
Il Pontefice presenta la sofferenza come luogo di apprendimento della speranza. E’ proprio un grande segno dell’attualità e della forza dell’Enciclica. La presenza del limite e del male nel mondo chiede passione, impegno e fatica perché si affermi la verità e il bene. E questa fatica è richiesta a tutti. Se ci rifiutiamo di testimoniare questa fatica, ci ricorda il Pontefice, e se pensiamo che non c’è nulla per cui valga la pena impegnare la vita, dare la vita….. non c’è nulla per cui valga la pena vivere.
Il Pontefice ringrazia “di cuore” tutti coloro che si prendono cura dei malati e dei sofferenti. Inoltre, ricorda la necessità di una “presenza capillare” accanto ai malati e, direi, anche ai loro cari e familiari ….
Certo! Hanno bisogno di sostegno e di non essere lasciati soli. Soprattutto hanno bisogno del sostegno di accompagnamento alla speranza. Hanno bisogno di comprendere che pur nella drammaticità della sofferenza, vi è un tesoro di umanità nascosto. Anzi, quella sofferenza, non è lontano dalla pienezza che Cristo dona nel giorno della Risurrezione. Solo Cristo è capace di illuminare la sofferenza di ogni uomo dando speranza. Inoltre, quando c’è la capacità di essere accanto, di consolare, di esserci… anche senza fare cose straordinarie, la malattia diviene abitata da una presenza di condivisione, di comunione che suscita , essa stessa, la speranza. Il Papa sottolinea l’esigenza di una presenza ecclesiale “attenta e capillare” accanto agli ammalati. Nello stesso momento anche di essere presenza nella società capace di trasmettere efficaci valori evangelici a tutela della vita umana in tutte le fasi: dal concepimento alla morte naturale. Se non testimoniamo questo impegno educativo e questa forza di carità, finiamo per rendere l’esperienza della malattia un esperienza disumana.
In questo anno sacerdotale il pensiero del Papa, al termine del messaggio è rivolto in particolare ai sacerdoti “ministri degli infermi” e rivolgendosi ai malati, chiede di “pregare e di offrire le vostre sofferenze per i sacerdoti, perché possano mantenersi fedeli alla loro vocazione…”
E’ bellissimo questo pensiero. Il Papa ricorda ai sacerdoti di non risparmiarsi nel dare agli ammalati cura e conforto. Il sacerdote ha tanti impegni: vita pastorale, parrocchia, studio e soprattutto preghiera e celebrazione dei sacramenti. Ma il tempo che viene donato agli ammalati, il tempo che è speso per comunicare messaggi umanizzanti anche a coloro che si prendono cura degli ammalati: medici, operatori, sanitari, familiari, volontari … è fondamentale. E’ tempo investito per la crescita sia spirituale dei sacerdoti, sia per la crescita spirituale dei fratelli. E’ un tempo prezioso per costruire la Chiesa, per edificare la Chiesa … l’opera di Dio che continua a portare salvezza e consolazione a tutti noi. Chiediamo l’intercessione della Vergine degli infermi e mettiamoci alla scuola dei grandi santi come ad esempio San Pio da Pietrelcina e anche alla scuola della loro bontà in grado di lasciare opre segno come Casa Sollievo della Sofferenza. Questo segno vuol dire una cosa molto speciale, ossia dove c’è sofferenza, lì c’è Cristo crocifisso ma c’è anche la luce del Risorto. Chiediamo per intercessione di Maria e di San Pio che la luce di questa grazia e la luce del mistero pasquale possa illuminare ogni tenebra e ogni sofferenza.