“In Cristo siamo popolo regale, sacerdoti per il nostro Dio” è il titolo della rubrica curata dal prof. Giovanni Chifari, docente di Teologia Biblica, offerta agli amici di Tele Radio Padre Pio ogni martedì sera, subito dopo la liturgia dei Vespri, come piccolo “strumento” per una crescita personale che scaturisce da un impegno generato dalla Parola di Dio ascoltata, meditata, celebrata e condivisa. Vi proponiamo alcuni stralci tratti dalla puntata del 26 gennaio 2010 realizzata nel corso della rubrica dedicata all’Anno Sacerdotale.
In queste prossime puntate che ci condurranno fra non molto all’inizio del tempo quaresimale, vogliamo offrire una riflessione che possa accompagnarci ad una comprensione della Parola di Dio per cercare di cogliere quegli aspetti che consentono di dare un nuovo sguardo al ministero sacerdotale.
Dopo aver presentato, nelle primissime puntate di questo percorso, un approfondimento diacronico, orientato al recupero delle origini del ministero, con l’attenzione posta sul ruolo del vescovo del presbitero e del diacono, vogliamo adesso soffermarci su una prospettiva sempre incentrata sulla Parola, per cercare di cogliere, a partire dalle parole di Gesù, quali aspetti possono illuminare il ministero sacerdotale. Questo percorso rafforzerà il legame fra Parola, liturgia e vita, e per quella partecipazione di ogni battezzato, al sacerdozio comune, potrà estendersi alla vita di ogni credente.
Il brano che prendiamo in considerazione oggi, che talaltro è il vangelo di Domenica prossima, ci proietta nella sinagoga di Nazaret, con Gesù che ha appena finito di leggere il rotolo del Profeta Isaia , e ha detto che in Lui si compie la Scrittura. Quale il significato di questa espressione?
Mentre l’evangelista Marco fa iniziare il ministero di Gesù che ci ricorda che in “Cristo il tempio è compiuto” per proseguire con la cosiddetta “giornata di Cafarnao”, nella quale Gesù insegna, esorcizza e guarisce. L’evangelista Luca pone l’inizio del ministero di Gesù nella sinagoga di Nazaret, dove Gesù legge un brano tratto dal rotolo del libro del profeta Isaia e subito dopo ne offre un attualizzazione concreta: “Oggi si è compiuta questa parola”. Che Gesù sia il centro e la chiave di comprensione della Scrittura Luca ce lo dirà con ulteriore chiarezza nel racconto dell’incontro del Gesù risorto con i discepoli di Emmaus, quando Gesù mostrò loro come tuta la Scrittura, a partire dalla Legge, Salmi e Profeti parla di Lui. La Parola che si compie in Cristo, le opere messianiche che lo precedono, suscitano l’incredulità dei suoi compaesani nazaretani. Essi non riescono a scrutare la Scrittura, a comprenderne il senso, a percepire il disegno d’amore e di misericordia di Dio che intende estendersi anche al di fuori d’Israele, come testimoniano le citazioni del profeta Elia e di Eliseo con la guarigione del lebbroso Naaman il Siro. La luce non è accolta ( Gv 1,1ss), l’amore e la misericordia suscitano reazione violenta. Ma l’odio si vince con la mitezza del Figlio dell’uomo venuto nella verità e nella pace.
Quale il riflesso di questa Parola nella spiritualità sacerdotale e nel sacerdozio comune di tutti i fedeli?
Come ricordava anche il Santo Padre, sia nell’omelia d’apertura dell’anno sacerdotale e sia come ascoltiamo nella preghiera, richiamando le parole del Santo Curato d’Ars, il sacerdote è colui che intrattiene un rapporto speciale con il suo Signore. Fa esperienza del dialogo di preghiera e di amore con Dio per estenderlo a tutti i suoi fratelli, facendosi portavoce presso Dio della voce di ogni creatura che cerca Lui con cuore sincero. Tuttavia possiamo approfondire degli aspetti di spiritualità biblica, a partire dal ruolo che un sacerdote ma anche la sua comunità, da alla Parola di Dio. In particolar modo potremo domandarci: Come ci poniamo di fronte ad una Parola a volte scomoda, capace scuotere le nostre coscienze? C’è una Parola che non vogliamo ascoltare? Siamo scesi a compromessi, ritagliandoci una fede personale e magari anche sincretica? Di fronte alla Parola ci limitiamo, come i nazaretani, alla meraviglia? Allo stupore per le parole di grazia? O accogliamo l’interezza dell’evento Cristo, in un discepolato o sequela del Maestro capace di percorrere la via da Lui indicata? Siamo terreno fertile? O entusiasti ascoltatori, subito pronti a germogliare ma poi incostanti e superficiali poiché questa Parola non ha posto le proprie radici in noi stessi? La consapevolezza della misericordia di Dio quali reazioni suscita in noi?L’ascolto della Parola in noi genera pace?