“In Cristo siamo popolo regale, sacerdoti per il nostro Dio” è il titolo della rubrica curata dal prof. Giovanni Chifari, docente di Teologia Biblica, offerta agli amici di Tele Radio Padre Pio ogni martedì pomeriggio , nel corso del programma “Un senso, un traguardo”, come piccolo “strumento” per una crescita personale che scaturisce da un impegno generato dalla Parola di Dio ascoltata, meditata, celebrata e condivisa. Vi proponiamo alcuni stralci tratti dalla puntata del 16 marzo 2010 realizzata nel corso della rubrica dedicata all’Anno Sacerdotale.
Siamo giunti quasi a conclusione di questo cammino di Quaresima, ed ancora una volta il vangelo metterà in evidenza il tema della misericordia di Dio.
Si, certamente emerge una netta distinzione tra l’agire dell’uomo e quello di Dio. Questa distanza appare evidente fin nel racconto della parabola del fico sterile, nella quale osserviamo l’impazienza dell’uomo, pronto a sradicare l’albero che non porta frutto, e invece la misericordia paziente e benigna di Dio, percepita in virtù della mediazione di Gesù, che intercede affinché sia dato più tempo in modo che l’albero possa portare frutto. Domenica scorsa abbiamo visto la durezza del figlio maggiore, incapace di gioire per il fratello ritrovato, e la misericordia del padre, che con amore invoca il figlio affinché si apra alla pienezza gioiosa dell’amore. Anche oggi troviamo scribi e farisei, cultori e d osservanti della Legge che sono subito pronti a condannare una donna colta in flagrante adulterio, così come consentiva la Legge. Osserviamo dunque che l’uomo è pronto a giudicare, mentre Dio è misericordioso, pur avallando la giustizia e la pace.
Ma entriamo maggiormente nel cuore del racconto. Quali spunti, quali riflessioni. Cosa dire su questa misericordia di Dio. Riesce a coniugare giustizia ed etica?
Uno dei temi prevalenti è quello del rapporto con la Legge. Essa è strumento, mediazione, passaggio che deve aprirsi verso una pienezza che la supera. Chi è davvero giusto e chi è peccatore? La legge viene smentita e non onorata nel suo punto cruciale e centrale, quello dell’amore. Ricordiamo un altro celebre passaggio lucano, nella parabola del buon samaritano, che Gesù racconta per mostrare l’intima connessione esistente tra il primo e secondo comandamento. Come del resto posso amare Dio che non vedo, se non ama il prossimo che vedo. Così come altre volte Gesù aveva detto, nel duro confronto con scribi e farisei che cercavano di metterlo alla prova, alcune norme della legge sono state date per la durezza del cuore dell’uomo. A motivo della legge gli scribi mettono alla prova Gesù, avvalendosi di una prescrizione che prevedeva la lapidazione di chi si fosse macchiato del peccato di adulterio. Su come mai Gesù stesse scrivendo per terra ci viene in soccorso un versetto tratto dal libro di Geremia «quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere, perché hanno abbandonato la fonte di acqua viva, il Signore» (Ger 17, 13b). Così Gesù simbolicamente stava scrivendo i nomi di coloro che a causa del loro peccato, della loro cecità, anche se dicono di vedere, hanno abbandonato Dio e dunque come pula che il vento disperde saranno persi e allontanati dal vento. Di fronte a Dio tuttavia chi è senza colpe? Un intelligenza del proprio peccato è dono importante da richiedere a Dio (cfr Sl 50 il mio peccato mi sta sempre dinanzi). Tutti vanno via, in quanto tutti sono consapevoli di aver peccato. Anche le accuse sempre pronte ad essere mosse, cadono. Ecco sulla scena Gesù e la donna. Colui che è venuto a prendere su di sé il peccato del mondo e una donna umiliata e ormai consapevole del proprio peccato, tuttavia bisognosa di misericordia. Gesù sceglie il perdono, che non annulla la gravità del peccato, ma è dono di una possibilità di vita nuova
Cosa dire infine in chiave sacerdotale? Quali aspetti emergono sulla spiritualità ma anche prassi pastorale della Chiesa?
La riflessione sui limiti e sulla fragilità umana, che il sacerdote sperimenta ogni giorno in se stesso e poi nei fratelli che attraverso di lui ricercano l’incontro della riconciliazione con Dio. Proprio il sacramento della penitenza è un elemento sul quale egli è chiamato a mostrare sia la gravità del peccato ma anche l’infinita misericordia di Dio. Bisogna ripensare la catechesi e la formazione delle giovani generazioni cristiane, affinché vedano in questo sacramento, non un supremo tribunale inquisitorio o accusatorio, ma un luogo di esperienza di Dio, di incontro con colui che ha cancellato il proprio peccato.
Nella foto Il perdono alla donna adultera – Cripta della chiesa inferiore di San Pio da Pietrelcina