Nel mese di maggio, qui in Capitanata, si è avviata la sperimentazione di piccole strutture di accoglienza temporanea destinata a cittadini stranieri extracomunitari richiedenti protezione internazionale. Si tratta di soluzioni “più a misura d’ uomo” che in questi mesi hanno accolto centinaia di profughi provenienti dalla Siria, dal Ciad, dalla Nigeria, Etiopia, Senegal, Somalia, sbarcati a Lampedusa e, in ultimo, a Taranto. Tra le strutture che hanno avviato questo servizio di accoglienza per stranieri c’è la Casa della Carità, della Diocesi di Manfredonia-Vieste e San Giovanni Rotondo. Nata nel 2011, la struttura si estende per 12mila metri quadri circa, tra struttura ospitante, padiglioni, porticati e zona verde. Un centro di accoglienza per persone in grave disagio, che si articola in spazi divisi per specificità a seconda delle differenti necessità: zona accoglienza, centro di ascolto, servizi doccia e mensa, ambulatorio, sala riunioni, cappella, guardaroba del povero, dispensa alimentare. Donne in difficoltà, ragazze-madri, bambini abbandonati, migranti, senzatetto, sono accolti qui, e aiutati a non sentirsi soli e ai margini della società, tra compagnie a rischio ed esperienze limitate. Un luogo di frontiera e di solidarietà, nella periferia nord di Manfredonia. «Qui accoglieremo tutti quelli che non fanno rumore nella società del benessere», con queste parole don Stefano Mazzone, direttore della Casa della Carità, ha presentato la struttura, nel giorno della sua inaugurazione, è qui che lui opera ed è qui che l’abbiamo incontrato per farci raccontare cos’è la Casa della Carità e cosa significa accogliere. «Accogliere non significa dare – ci dice don Stefano – accogliere significa mettersi accanto, fare strada insieme, è questo che cerchiamo di fare qui nella Casa della Carità». È così che, insieme ai tanti volontari, attraverso azioni di prima accoglienza, supporto, erogazione di servizi di prima necessità, come la distribuzione dei viveri e del vestiario, si cerca di dare un aiuto concreto alle tante categorie a rischio della nostra società. «Una casa – ha sottolineato don Stefano – è casa quando c’è cuore, quando c’è famiglia, quando c’è amore», per questo l’impegno di tutti, qui in questa struttura, è quello di far sentire a casa chi una casa non ce l’ha, di far sentire il calore di una famiglia a chi è lontano dalla propria, di far sentire accolto chi si sente escluso.
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